Una produzione di Idrogeno verde, cioè da energia rinnovabile, nei paesi colpiti dal terremoto del 2016-2017. Questa sarebbe l’idea innovativa per far rivivere le zone terremotate. Oggi la produzione di idrogeno è possibile, economica e non lascia residui inquinanti.
Trasporto, riscaldamento, raffinazione industriale, siderurgia: sono alcuni settori in cui viene già impiegato l’idrogeno “grigio”, ricavato da gas naturale e con produzione di CO2, attraverso un processo di conversione termochimica. La tecnologia CCS di cattura e stoccaggio della CO2 consente poi di ottenere idrogeno “blu”, ossia decarbonizzato.
L’Italia, grazie all’abbondanza di rinnovabili e ai collegamenti con il Nord Africa, potrebbe quindi raggiungere il punto di pareggio con l’idrogeno “grigio” ben 5-10 anni prima rispetto ad altri paesi, tra cui la Germania, ottenendo un costo competitivo dell’idrogeno già entro il 2030.
Il valore dell’economia dell’idrogeno è destinato ad aumentare dagli attuali 100 miliardi di dollari l’anno a 2.500 miliardi nel 2050 a livello globale, secondo l’Hydrogen Council.
In questo scenario l’Italia può essere un mercato attrattivo, secondo lo studio McKinsey, grazie alla presenza diffusa di energia rinnovabile e di una rete capillare per il trasporto di gas.
«L’idrogeno, combustibile alternativo di forte interesse anche a livello europeo – spiega Marco Frey, direttore del Master Geca della Scuola, nonché uno dei professori coinvolti nel gruppo che ha approfondito il tema – se derivato da fonti energetiche rinnovabili, il cosiddetto idrogeno verde potrebbe rappresentare un ulteriore passo verso il raggiungimento di una mobilità sostenibile.
Michele Romano per Il Sole 24 Ore intervista Gianmaro Lucchini:
“L’Italia è un membro del G7 e il prossimo anno guiderà il G20 e non può permettersi il lusso di non ricostruire in tempi rapidi le infrastrutture danneggiate o distrutte da eventi imprevedibili. E visto che le deve comunque ricostruire, può scegliere tra due opzioni: la prima è limitarsi a rifare quello che c’era prima; la seconda è fare in modo che la ricostruzione sia un’occasione di rilancio per i territori colpiti, anche ricorrendo a tecnologie innovative e sostenibili, in linea con le priorità dell’agenda europea e internazionale.”
Nelle mani del governo ora ci sono quattro moduli:
Il primo riguarda la realizzazione del Polo Idrogeno dell’Appennino Centrale, in una delle arre di crisi industriale complessa del cratere sismico, dove localizzare un parco tecnologico specializzato nelle tecnologie dell’idrogeno e delle celle a combustibile, attraendo attività di ricerca sviluppo e produzione industriale, come ad esempio di grandi impianti per l’elettrolisi dell’acqua e di mezzi pesanti a idrogeno per uso urbano e inter-urbano e di sistemi integrati per l’almentazione a idrogeno di mezzi stradali e ferroviari. Ad di Aecom: “L’Italia non deve replicare quanto accaduto con solare ed eolico, diventando solo un grande mercato per la produzione di idrogeno verde e importando dall’estero il grosso delle tecnologie necessarie alla sua produzione. Meglio sarebbe, in un’ottica di economia circolare, utilizzare gli insediamenti industriali dismessi, risollevando un tessuto industriale oggi in crisi e portando nuova occupazione.
Il secondo modulo prevede la sperimentazione dei primi treni a idrogeno in Italia lungo i 315 km. della tratta che va da Sansepolcro (Arezzo) fino a Sulmona (L’Aquila), passando per Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo.
«Abbiamo proposto al gruppo FS – spiega Lucchini – di sostituire i treni a gasolio a fine vita con treni elettrici a idrogeno e celle a combustibile: un cambiamento all’insegna dell’innovazione tecnologica con benefici ambientali ed economici, poiché l’idrogeno sarebbe prodotto in loco da imprese della zona a partire da fonti rinnovabili».
Lo studio è stato condiviso con Rete ferroviaria italiana, molto interessata a questo tipo di treni – continua Frey – e non è un caso sia stata scelta una linea interna, dove manca l’elettrificazione e dove è in corso un progetto di rifacimento profondo della infrastruttura ferroviaria».
L’idea nasce a Rieti e la circostanza verrà ribadita anche oggi a Pisa, dove sarà presentato l’ultimo atto dello studio di fattibilità per far marciare il treno che da San Sepolcro arriva a Sulmona – attraversando l’Umbria, Rieti ed Antrodoco – anziché con l’alimentazione diesel con un combustibile alternativo e pulito come l’idrogeno. L’idea c’è ed è della Cinque International, società reatina che in collaborazione con l’Aecom e l’Ancitel-Energia&Ambiente ha elaborato un progetto che è diventato il master di uno dei quattro laboratori sul tema dell’economia circolare, redatto dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.
Il terzo modulo è una diretta conseguenza: dar vita alla “Ferrovia dei due mari a idrogeno”, rimodulando il progetto della Fara Sabina-Rieti, oggetto di Accordo di Programma e previsto nei piani Rfi nel periodo post-2026, riducendone drasticamente i costi di realizzazione attraverso la rimozione di tutti gli elementi connessi all’elettrificazione tradizionale dell’infrastruttura ferroviaria. La nuova linea collegherebbe direttamente l’aeroporto di Fiumicino e Roma con il Reatino e, in un’ottica di sistema e di ottimizzazione dei costi, andrebbe ad utilizzare la stessa infrastruttura di produzione e rifornimento realizzata per la dorsale Sansepolcro-Sulmona. Con l’ambizione di prolungare la tratta fino ad Ascoli Piceno e Porto d’Ascoli, nelle Marche, lungo la direttrice est-ovest, che porrebbe fine all’isolamento dell’Amatriciano e del Piceno. Si tratterebbe di un investimento infrastrutturale «dai costi contenuti se paragonato alle risorse necessarie all’elettrificazione tradizionale della stessa tratta» e Roma diverrebbe così la prima capitale al mondo servita da treni a idrogeno.
Il quarto e ultimo modulo prevede la ricostruzione dei centri abitati maggiormente colpiti dal sisma adottando il nuovo modello delle comunità energetiche e facendo ricorso alle nuove tecnologie nei settori delle telecomunicazioni e dell’edilizia, pur nel rispetto del principio “dov’era, com’era”.
Con una visione affascinante per la città di Amatrice, uno dei luoghi simbolo del terremoto e di una ricostruzione che a 4 anni di distanza fatica a prendere forma: farla diventare la vetrina del Green Deal europeo, attraendo ingenti investimenti per realizzare il primo caso di città sostenibile sul Vecchio Continente, sulla scia delle esperienze realizzate a Masdar City, negli Emirati Arabi Uniti, e Woven City, in Giappone, “dimostrando al mondo che l’Italia non è seconda a nessuno sul fronte della progettazione sostenibile e in grado di trasformare anche le peggiori disgrazie in opportunità di rilancio e sviluppo”.
“Per la Snam di Marco Alverà, amministratore delegato, che ieri è intervenuto in un panel sulla rigenerazione urbana organizzato al Meeting di Rimini, l’energia pulita fa perno sui gas rinnovabili: biometano, ricavato dallo scarto dei rifiuti, e l’idrogeno. «L’idrogeno è la vera novità – ha affermato il manager -. Si può produrre in vari modi, ma quello che avrà più successo si produrrà dal sole. Può dare un contributo a decarbonizzare il sistema energetico senza dover cambiare troppe infrastrutture». La società dei gasdotti italiani è proattiva sul gas (prodotto dalla sua scissione dall’ossigeno nell’acqua attraverso l’elettrolisi) da almeno un paio di anni. In particolare sta sperimentando la possibilità di trasportare in sicurezza questo gas – la cui caratteristica è anche una maggiore instabilità – nei gasdotti esistenti, per ridurre la necessità di costruirne di nuovi. «L’idrogeno è considerato da sempre la soluzione finale per avere energia pulita – ha aggiunto – ma ha avuto per anni il problema dei costi elevati. Vent’anni fa costava 40 volte più del petrolio. Oggi pensiamo che tra cinque anni potrà diventare competitivo con alcune fonti tradizionali». L’Italia può diventare un hub dell’idrogeno».”
Nella mattinata del 10 agosto 2020 i commercianti indipendenti del centro storico di Rieti, riuniti sotto lo stesso obiettivo, valorizzare il territorio, hanno consegnato al Comune di Rieti una lettera che richiama ad un articolo de Il Sole 24Ore pubblicato in data 7 agosto, inerente il maxi piano per la produzione di idrogeno nel nostro territorio.
A Rieti ha sede operativa la Cinque International, prima società italiana creata per produrre idrogeno verde, che si affiancherebbe ad Aecom e ad Ancitel, con sede a Roma.
I quattro punti da sviluppare porterebbero treni ad idrogeno che percorrerebbero la tratta Sansepolcro – Sulmona di 315 chilometri, che attraverserebbe Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, con la costruzione della ferrovia dei Due Mari e conseguente rimodulazione della Fara Sabina – Rieti.
Dopo la provincia di Bolzano anche la Capitale si dota di un generatore e distributore di idrogeno. Al pari di altre grandi città europee, Roma compie i primi passi nella mobilità a fuel cell e lo fa grazie al progetto 3Emotion.
“È ormai ampiamente riconosciuto che il futuro degli autobus pubblici dovrà essere a emissioni zero. I bus elettrici a celle a combustibile sono una delle tecnologie che soddisfano questo requisito […] Il progetto colmerà il divario tra gli attuali concept dimostrativi e la diffusione su larga scala”. L’iniziativa distribuirà 29 mezzi a idrogeno alle città di Aalborg (Danimarca), Londra (Regno Unito), Pau e Versailles (Francia), Rotterdam (Paesi Bassi) e, ovviamente Roma.
In Europa il costo dell’idrogeno è di 9,50euro il kg ma l’obiettivo è di portarlo a 5euro/kg entro il 2025. “Per raggiungere questo risultato – aggiunge Monteleone – serve un’infrastruttura per la mobilità sostenibile diffusa a livello europeo e nazionale, come quella a idrogeno su cui l’Italia ha varato un piano strategico al 2050, che è stato accettato e incluso nel decreto legislativo 257/2016 per la realizzazione di una rete di distribuzione di combustibili alternativi”.