Nasce dalla collaborazione tra l’artista Blu e il comitato di quartiere Mammut una nuova opera di Street Art a Ponte Mammolo.
La nuova opera di Blu “Capita” è stata realizzata in zona Rebibbia, lungo la via Ciciliano: una satira, un malinconico racconto, con un non lieto fine, voluto dal destino o forse no.
Nell’opera sono disegnati coloratissimi scivoli, che portano le persona in due distinte destinazioni, una fortunata, un’altra no.
Blu, con il comitato di quartiere Mammut, aveva realizzato, nel 2015, due opere su due palazzine di Casal de’ Pazzi. Una con i medesimi colori di quest’ultimo che rappresentava un enorme vegetale, la seconda illustrava la storia della terra, con un non lieto fine.
Di Blu non si sa molto, dovrebbe essere nato a Senigallia negli anni ’80. Comincia a lavorare, nel 1999, ancora con le bombolette spray, lasciate nel 2001, sostituite con vernici a tempera, rendendo possibile l’ingrandimento delle pitture, ispirate al mondo dei fumetti, e dei videogiochi arcade.
Andrea Olcese per artribune.com intervista Steve Lazarides.
“Pensi che siano la fama e il denaro a fare la differenza tra Blu e Banksy?”
“Penso di sì. Blu vive sul camper perché trascorre molto tempo viaggiando in Sud America e nel mondo. Come ho già detto, l’interesse di Blu per il mondo è solo quello di dipingere i muri. E penso che gli interessi di Banksy siano diversi. Quindi penso che siano simili su un livello e a milioni di chilometri di distanza su un altro.”
“Cosa pensi che rimarrà di questi due artisti per le generazioni future?”
“Penso che Banksy sarà considerato uno dei più famosi artisti di graffiti “commerciali” di tutti i tempi. E penso che Blu sarà considerato uno dei più puri artisti di graffiti di tutti i tempi.”
“Ma qual è tecnicamente la differenza?”
“Beh, Blu non ha mai realizzato tele, non ha mai venduto nulla, è rimasto fedele alle sue radici politiche. Quindi Banksy è, direi, un artista di graffiti piuttosto commerciale al giorno d’oggi. Spero che continuino a essere forti e fedeli alle loro radici. Quindi non riesco a vedere Blu cambiare, mi piacerebbe vederli entrambi nei musei, e andare avanti nel modo in cui stanno andando.
Per chiudere, qual è il tuo pensiero generale sul futuro della Street Art, dell’arte urbana?
Penso che debba avere un lungo sguardo su se stessa. Penso che ci siano così tanti artisti oggi nel mondo. E uno dei motivi per cui Blu e Banksy si distinguono così tanto dagli altri è che stanno effettivamente cercando di trasmettere un messaggio, stanno cercando di dire qualcosa. Quindi penso che ci siano molte cose da dire al mondo oggi. E penso che più artisti dei graffiti debbano cercare di dire di più piuttosto che dipingere solo belle immagini.”
Un altro murale, “Riflessi” è stato realizzato a Casal de’ Pazzi da Jerico Cabrerà Carandang, dedicato all’antico fiume, che una volta scorreva dove oggi sorge il Museo di Casal de’ Pazzi.
Il murale dal titolo “Riflessi”, realizzato su un lato perimetrale esterno, racconta il paesaggio con un fiume preesistente al museo, dove sono conservate, tra l’altro le zanne di un “elefante antico” ritrovato in zona.
L’opera è stata realizzata grazie a un bando pubblico, diffuso da Zetema, e alle donazioni in denaro che, dal 2016, il pubblico può effettuare attraverso i raccoglitori situati negli otto Musei civici gratuiti.
“Mi piaceva – ha detto Jerico – l’idea di questo Museo del custodire quello che c’era tanti anni fa, che era l’acqua, il fiume. E’ stata una grande avventura, spero si riesca a cogliere il significato dello scorrere che mi è caro in questo progetto’’.
Pieno di simboli, rappresentativi di diverse fasi storiche e identità del quartiere, sono i dipinti murali, “Patrimonio indigeno”, di Lucamaleonte, sviluppati su due pareti cieche, di due edifici siti tra via dei Piceni e via dei Reti. Inaugurati l’8 febbraio, sono stati curati da Marcello Smarrelli in collaborazione con la Fondazione Pastificio Cerere.
Lucamaleonte è stato autore, anche, del murale “green” che circonda il cantiere di un “edificio di nuova generazione “, in costruzione, in via Cesare de Lollis 12.
Marcello Smarrelli, Direttore Artistico Fondazione Pastificio Cerere e curatore di Patrimonio Indigeno: “Bisogna recuperare l’idea di una Roma colorata, come nel ‘500, quando le facciate dei palazzi erano affrescate con una tecnica a graffito straordinaria per i tempi: una preparazione di paglia e gesso su cui veniva steso l’intonaco che veniva graffiato con il disegno e poi dipinto. È quando Roma diventa città del Gran Tour che cambia volto e il rosso mattone prevale sui colori, così come piaceva ai romantici. L’esecuzione dei carotaggi sulla facciate dei palazzi antichi ha portato a riscoprire i colori precedenti e dal 1600 in poi quel bel “color aria” inventato dal Bernini. Purtroppo, oggi sono rimasti soltanto pochi esempi superstiti, tra i più importanti: Palazzo Massimo alle Colonne, Palazzo Ricci ed il Palazzetto di Tizio di Spoleto, che si affaccia sulla piazza di Sant’Eustachio”.
Raffaella Matocci intervista Lucamaleonte per Diatomea.net:
Mi avvicino a Lucamaleonte sottoponendogli come prima domanda quanto il dibattito sul concetto di decoro urbano sviluppato attraverso l’arte lo coinvolga nei suoi lavori:
“Io ho un’idea un po’ critica rispetto al discorso della riqualificazione dei quartieri attraverso la street art perché per me riqualificare non è solo dipingere un muro, per riqualificare bisogna fare un’operazione sul territorio con le persone che lo vivono.
Il bello dell’arte urbana è che è un’arte vissuta ed abitata allo stesso tempo e non bisogna mai dimenticarsi di questo quando realizzi un’opera; bisogna creare prima di tutto la consapevolezza nelle persone, solo così si può lavorare nel rispetto dei luoghi che sono abitati ed attraversati quotidianamente dalla comunità che li vive.
In tal senso la riqualificazione urbana inizia dal processo di partecipazione che si attua tra l’artista e le persone presenti sul territorio in cui si interviene, e questo deve avvenire ancor prima di dipingere. Un lavoro ottimo è stato fatto in passato a San Basilio, dove è stato attuato un progetto sul territorio che è durato anni prima che si arrivasse alla realizzazione dei murales. Questo ha fatto sì che tutte le persone che vivono le opere realizzate, ad oggi, abbiano la consapevolezza di quello che hanno di fronte, conoscono i materiali che sono stati utilizzati, conoscono il modo di preservarli al meglio ed hanno cambiato le loro abitudini quotidiane svolgendo attività diverse da quelle che facevano precedentemente, ad esempio, nelle piazze.
Da qui nasce la consapevolezza che la riqualificazione vera è quella che si fa sul territorio dove il murale è un veicolo, è uno strumento e come tale va assolutamente inserito nel contesto in cui viene fatto non solo per dare un senso al lavoro svolto ma anche per far sì che le opere di arte urbana parlino la stessa lingua di coloro che le vivono. Questo murale, ad esempio, è nato, si è sviluppato e parla del luogo in cui si trova, il quartiere di San Lorenzo.
Purtroppo ritengo che questa consapevolezza manchi molto e penso che sul territorio debbano essere presenti di più i curatori la cui funzione sia anche quella di selezionare gli artisti sulla base di quello che ritengono sia più adatto ad intervenire in quel determinato contesto urbano”
Quindi tu sei a favore di una selezione dell’artista che rientra in un progetto di pianificazione di arte urbana piuttosto che di uno sviluppo spontaneo della street-art che segue la natura stessa da cui nasce?
“A me una città disegnata, una città scritta piace. Io nasco come graffittaro ma non ho mai ritenuto di essere tanto bravo, per quanto io abbia sempre amato i graffiti, e li ho abbandonati perché non aggiungevo nulla a tutto un mondo che già c’era e che andava molto più veloce di quanto andassi io, che non mi dava soddisfazione perché non riuscivo ad esprimere quello che volevo ed a trovare un mio stile che fosse riconoscibile. Essere passato per questa corrente negli anni ’90 mi ha dato il gusto di lavorare per strada in un modo diverso rispetto a come lavoro oggi. Sono convinto che se l’arte pubblica è commissionata e c’è un progetto dietro per me la selezione è necessaria. Per quanto riguarda la street-art per me è diversa dall’arte pubblica: la street art si sviluppa in maniera spontanea, a volte illegale, è aperta a tutti proprio per la natura stessa da cui nasce e questa sicuramente è la sua potenza, ma è un’altra cosa, segue altre dinamiche”.
In questo tuo pensiero, come collochi le opere che hanno realizzato famosi street artists, come Blu, ad esempio, le cui realizzazioni chiaramente non soggette ad una selezione ma, nonostante questo, sono assolutamente inserite nel contesto in cui sono state fatte?
“Questo discorso è un po’ borderline, nel senso che, stimo molto il lavoro di Blu ed ammiro tante sue scelte coraggiose che io non ho avuto il coraggio di fare, per questioni soprattutto di vita, non lo nego; lui ha fatto una scelta di rottura con le Istituzioni e con tutto il mondo delle amministrazioni pubbliche e quindi la natura dei suoi lavori dà una forza ancora più grande a quello che fa. Per me Blu è uno dei tre, quattro artisti più potenti al mondo sia a livello comunicativo sia sotto il profilo del contenuto delle storie che racconta e del messaggio che manda, quindi, indipendentemente dalla selezione, lui fa arte urbana”.
Una Street Art diversa è “Green Thumbs“, un progetto creato da due artiste, H.H. e S.C., all’Eur, da viale Europa a viale Beethoven, fino a viale Umberto Tupini.
Valigette rosse vintage, carretti in ferro battuto, bici, dipinti a mano di colore verde., con vasetti di rosmarino, salvia, timo, prezzemolo e altre piante aromatiche.
“L’iniziativa Pollice verde – noi coloriamo le strade in verde” è nata con lo scopo di donare benessere e sollievo agli occhi e al corpo in luoghi comuni, urbani e pubblici, in un mondo sempre meno green. Un modo alternativo e creativo per sensibilizzare tutti a vivere una città sempre più verde”. Laura Barbuscia
Mostra fotografica sulla Street Art a Roma (marzo mese della fotografia a Roma)
Il 10 marzo, alle ore 10,00, presso la Biblioteca “Aldo Fabrizi”, sarà inaugurata una interessante mostra fotografica sulla Street Art a Roma, con particolare riguardo alle realizzazioni fatte nel quadrante est di Roma.
La location, non a caso, si trova nel cuore del quartiere San Basilio, che ha avuto uno degli interventi di Street Art tra i più importanti della Capitale.
All’interno della mostra esporranno le proprie foto sette tra i migliori fotografi del settore: Andrea Mercanti, Gabriele Ferramola, Leonida Pignatelli, Marco Lo Rocco, Mimmo Frassineti, Rita Restifo, Silvia Brutti.
La mostra evidenzierà la diversa visione di ogni fotografo nell’immortalare, in uno scatto, le varie sensazioni e emozioni che riesce a cogliere. Ci sarà la presentazione dei libri:“Inseguendo la street art oltre la porta magica” di Bruno Bruni”; “Quello che i muri dicono” guida ragionata alla street art della capitale di Carla Cucchiarelli; “ Street art oggi a Roma nelle immagini di Mimmo Frassineti”.
Link e foto
- https://www.recensito.net/
- https://www.collater.al/
- https://www.artribune.com/
- https://www.comune.roma.it/
- http://www.artemagazine.it/
- https://roma.repubblica.it/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Blu_(artista)
- http://www.art-vibes.com/
- http://www.diatomea.net/
- http://www.turismoroma.it
- https://www.artribune.com/
- https://crre.it/divisione-cantieri/de-lollis-12-living-tomorrow/
- https://roma.repubblica.it/
- http://www.delollis12.it/