Viviamo in un momento, diciamo, particolare per il teatro; tutto è fermo e non si sa quando si riprenderà. Speriamo presto. La scenografia è cambiata nelle poche opere che sono state eseguite, senza pubblico. Certamente l’opera c’è chi dice che deve essere attualizzata, sia proprio nella scenografia, sia, secondo alcuni, con opere nuove. Nella scenografia, in parte sta avvenendo. Non sappiamo se sia un bene o un male, ma comunque risulta essere un argomento vivo. E oggi vogliamo parlare proprio di questo, della scenografia e dl suo regno: l’ex-palazzo Pantanella, al Velabro.

Ci troviamo in un posto pieno di fascino, nel Circo Massimo una grande spazio piano con intorno il palazzo dell’imperatore e l’Aventino (verso la fine dell’800 vi erano delle fabbriche, tra cui anche quella del gas, costruite lì, proprio, per il terreno pianeggiante e per la grande disponibilità dell’acqua).
In questo stupendo ambiente c’è una porta dove si arriva a un patio, vicino la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, nel Velabro (dove, secondo la tradizione tutto iniziò), attraverso questo si arriva al Palazzo Pantanella. Fu costruito su iniziativa di Michelangelo Pantanella, tra il 1878 e il 1881 (“Società dei Molini e Pastificio Pantanella”), adibito a uffici e laboratori: è stata la prima fabbrica di Roma.

Nel 1929 si pensò, intorno al Circo Massimo, di ricreare quello che era uno spazio unico e furono fatte le demolizioni della fabbriche, (tra le altre cose venne alla luce l’ampio mitreo del Circo Massimo) . Il Pastifico chiuse trasferendosi, il palazzo fu ristrutturato e divenne il Palazzo dei Musei di Roma ( Museo dell’Impero Romano e il Museo della Città di Roma); una parte dell’edificio fu donato dalla famiglia Pantanella al Teatro dell’Opera di Roma. Questo, fin dal 1931, ospita i magazzini dei costumi e delle scenografie, oltre ad alcuni servizi tecnici, del Teatro dell’Opera di Roma.
“La struttura realizzata dall’architetto Busiri Vici, da cui si ha una vista meravigliosa di Roma, a 360 gradi, ha una sopraelevazione con una luce pari a 23 x 44 metri, senza pilastri, tra le prime sperimentazioni di capriate in cemento armato.”
Qui c’è la casa della scenografia del Teatro di Roma: gli scenografi portano il progetto e il progetto diventa realtà. Si decidono i particolari, come si deve muovere nella scena, i materiali (il mantenimento dell’altezza massima che deve essere 2,40), i bozzetti diventano realtà. I colori ancora oggi sono realizzati con delle terre che vengono sciolte con colle animali e viniliche. Il pennello è un lungo bastone che trattiene un carbone; uno strumento originale, che si usa stando in piedi, con una visione particolare del dipinto. I dipinti, di scenografia, sono una esclusività della capacità italiana nel mondo. Dagli anni Trenta qui si sono alternati grandi maestri: De Chirico, Picasso e Guttuso, Manzù, Chagall, Visconti, Zeffirelli, Dante Ferretti Cambellotti, Prampolini, Cagli, Maccari, Turcato, Ai Weiwei, William Kentridge.

Grandi scenografi ma anche i vestiti, ce ne sono più di 70.000: gli abiti della Callas in Norma, della Tebaldi in Tosca, della Scotto in Madama Butterfly, di Schipa in Traviata, di Del Monaco in Otello. O quello indossato, era il 14 gennaio 1900, dalla prima Tosca della storia Hariclea Darclée.
E poi dal 2017, per Fra diavolo, la prima scenografia pensata e costruita con le stampanti tred.
Il lavoro descritto, sono tutte le professionalità che si fanno affinché una scenografia venga realizzata, stiamo parlando dello scenotecnico: “progetta tutta la parte strutturale, per i laboratori di scenografia, delle scene che poi verranno inviate in teatro per l’allestimento ed il montaggio dello spettacolo”.
