Il Noma 2.0, nel 2018 con il progetto di Bjarke Ingels (BIG), ha cambiato il suo sito, spostandosi in una striscia di lungomare, affacciata sull’enclave hippy di Christiania, in uno spazio che faceva parte del sistema difensivo medievale di Copenaghen, con al di sotto un vasto arsenale della Seconda Guerra Mondiale.
L’edificio è un ex magazzino militare, chiamato Søminedepotet, costruito nel 1917 e un tempo utilizzato per immagazzinare le mine per la Royal Danish Navy. Tutta la zona, originariamente, per duecento anni, faceva parte della Greenlandic Trading Square, il centro per il commercio, dedicato in particolare all’esportazione del pesce salato.
Nel 2014, il Noma 1.0 di René Redzepi, ristorante stellato Michelin, fondato nel 2003, aperto in una zona abbandonata di Christianshavn nel 2003, è stato nominato, per la quarta volta, il migliore ristorante del mondo, su cinquanta ristoranti selezionati. Il suo menù, di prodotti locali, con la sua reinterpretazione della cucina nordica, aderisce al movimento culinario del decennio, il New Nordic. Il Noma 1.0 di Redzepi ha chiuso nel gennaio 2017 e ha riaperto nella sua nuova sede, Noma 2.0, nel febbraio 2018, dopo un anno di interruzione. Il nuovo complesso del Noma 2.0 è composto da un totale di 11 spazi, in parte esistenti e in parte di nuova costruzione tra cui la cucina.
BIG: “A causa dello status di punto di riferimento del sito, le autorità hanno consentito l’estensione di Søminedepotet solo nelle aree in cui sono state precedentemente collocate estensioni di piccole dimensioni (successivamente demolite). (…) L’organizzazione di Noma 2.0 trova ispirazione nella tradizionale tipologia di fattoria nordica, il sæter – un ammasso di singoli edifici che ospitano funzioni individuali, sparsi per il paesaggio – e il villaggio artico, in cui gli edifici sono strettamente correlati e variazioni visivamente diverse dello stesso tipo. (…) Ogni edificio (del nuovo ristorante) è collegato da percorsi coperti di vetro per gli chef e gli ospiti per seguire i cambiamenti di tempo, luce e stagioni – rendendo l’ambiente naturale parte integrante dell’esperienza culinaria”.
Peter Kreiner, amministratore delegato di Noma: “Questo era uno spazio in cui potevamo essere vicini alla natura e creare questo nuovo straordinario posto in cui vivere il prossimo capitolo della vita di Noma”.
Progetto
Partner incaricati: Bjarke Ingels, Finn Nørkjær
Responsabili di progetto: Ole Elkjær-Larsen, Tobias Hjortdal
Capo progetto: Frederik Lyng
Collaboratori: BIG Ideas, BIG Engineering, NT Consult, Studio David Thulstrup, Thing & Brandt Landskab
Intervista di Costanza Rinaldi a Bjarke Ingels per living.corriere.it:
Tra le pagine del suo libro-manifesto “Yes is More” si trova la sua personale idea di architettura: un equilibrio tra design utopico e esigenze pragmatiche di tutti i giorni. Sembrerebbe un vero e proprio approccio alla vita…
“Yes is More” è una sorta di evoluzione da alcune idee dei nostri eroi, quelle ad esempio per cui il Less is More di Mies van der Rohe è rapidamente degenerato in una sorta di estetica minimalista, scatenando una valanga di cambiamenti contrari all’idea originale (meno è noioso, più è meglio, etc). Noi abbiamo proposto un motto ottimista per un movimento ‘inclusivo’: un’architettura spinta dal dire di sì a tutte le richieste e le preoccupazioni della società che ci circonda.
Il nuovo Noma 2.0 è formato da sette piccoli edifici, ognuno formato da un materiale diverso, creando un villaggio che “respira e vive”. “La visione si riferisce a Christiania”, spiega Redzepi, “dove costruiscono in un modo caotico che tuttavia consente un ambiente molto piacevole.(…) Il nuovo spazio comprende anche una fattoria urbana fino a produrre il 15 per cento degli ingredienti del menu. (…) Volevano qualcosa di vivibile, ma con un tocco di freschezza”, dice. “Di conseguenza, ha tratto ispirazione dalle residenze piuttosto che dai ristoranti”.
“Quando nevica molto”, dice Ingels, “ti sentirai come se stessi camminando all’interno di un igloo”. Lo spazio è inondato da luce naturale che entra nell’edificio da lucernari, per aumentare la consapevolezza delle stagioni degli ospiti, dando risalto al pavimento sabbiato che si estende attraverso tutti gli spazi di circolazione all’interno del villaggio.
In tutti gli interni, progettati dallo Studio David Thulstrup, il legno chiaro e il vetro hanno un aspetto prominente: dal soffitto vetrato alle travi in legno a vista. Una nuova sedia è stata creata, per il Noma 2.0, da Thulstrup e Brdr Krüger, un laboratorio di falegnameria locale che aveva già creato sedie personalizzate per un altro pioniere della nuova cucina nordica, Kadeau.
Intervista di Costanza Rinaldi a Bjarke Ingels per living.corriere.it:
Il design danese sta vivendo una sorta di rinascita. È vero?
Tutti i danesi sono cresciuti con la consapevolezza di design e che avrebbe potuto suscitare una sorta di rinascimento. Il nostro modo di lavorare a BIG è quello di iniziare individuando i criteri chiave di un progetto. La differenza quindi è che, invece di mettere in atto scelte estetiche arbitrarie e uno stile composto da preconcetti, tutte le decisioni sono basate su informazioni specifiche del progetto. La chiamiamo Information Driven Design, e cioè che le nostre decisioni progettuali sono sempre dettate dalle informazioni che abbiamo.
Qual è per voi la caratteristica principale che rende il design danese così riconoscibile?
Gli architetti danesi hanno da sempre rivolto molta attenzione alla sostenibilità, quindi per noi è la norma, perché siamo cresciuti in questo ambiente. Invece di affrontare il tema della sostenibilità come qualcosa da integrare, direi che è più un argomento ben radicato nel processo. Da BIG, guardiamo alle città e agli edifici sostenibili come qualcosa che possa aumentare la qualità della vita e cerchiamo il modo di progettarli come ecosistemi che siano ecologicamente, ma anche economicamente,vantaggiosi e nei quali il risultao non sia costringere le persone a modificare il loro stile di vita. Questo approccio diventa riconoscibile nella progettazione quando affrontiamo la questione della sostenibilità non come un dilemma morale, ma come una sfida per il design.
All’interno del nuovo Noma 2.0, le luci si modificheranno, adattando l’illuminazione alle condizioni climatiche, grazie all’opera del designer locale Michael Anker e del marchio austriaco XAL. “Ognuno dei loro apparecchi di illuminazione può essere regolato digitalmente per offrire un’esperienza calda, simile a un camino in inverno”, spiega Anker, “e una luce più fresca in estate, quindi è bello sedersi così com’è fuori – mantenendo sempre un indice di resa cromatica elevata in modo che il cibo e lo spazio possano essere percepiti nel modo più accurato possibile”.
Thulstrup ha pensato il ristorante diversificandolo secondo le stagioni, anche ruotando i design più piccoli. “Ogni stagione richiede un proprio stile di presentazione: il blues per la stagione dei frutti di mare, i rosa e i verdi per la stagione degli ortaggi e i toni più maturi per il gioco e la stagione delle foreste”.
Per realizzare il progetto delle stagioni sono stati chiamati cinque diversi artisti: la più giovane, Anette Krogstad, con sede a Oslo, produce pezzi pittorici; il più anziano, Astrid Smith, un insegnante d’arte in pensione a Funen, che crea creazioni ricche di texture; Janaki Larsen, che lavora principalmente in monocromia, ma si è persuaso a creare una gamma di pezzi blu pallido; Karina Skibby, direttrice del laboratorio storico Hjorths, che lavora con l’argilla locale a Bornholm; Finn Dam Rasmussen, che si specializza nella ceramica di smalto salino; Rudolph li ha aiutati a perfezionare i loro progetti e ha organizzato una produzione su larga scala in un’altra struttura di Bornholm, chiamata Den Danske Keramikfabrik.
Intervista di Costanza Rinaldi a Bjarke Ingels per living.corriere.it:
Recentemente ha vissuto un nuovo modo per parlare di architettura, “Abstract: L’Arte del Design” su Netflix. Come è stato?
Mi sembrava che potesse essere un modo fantastico per contribuire a portare l’architettura e il processo dell’architettura a un pubblico vasto, in un modo intelligente, ma anche coinvolgente e accessibile. Chi è al di fuori di questa professione spesso non riesce a comprendere come l’ambiente in cui vive sia stato creato. Quali sono i processi, le preoccupazioni e le considerazioni? Quali sono i parametri che formano il mondo intorno a loro? Penso che questo sia perché, come architetti, non siamo stati capaci a catturare l’interesse e l’immaginazione della gente al di fuori della nostra professione. Un programma come Abstract può davvero dare l’accesso al dietro le quinte e permettere di capire come ciò che ci circonda prenda forma.
Il Noma 1.0 di 93 di Strandgade, situato vicino al vecchio porto di Copenaghen e caratterizzato da interni rustici in scala di grigi creati da Space Copenhagen nel 2012, è stato ristrutturato dallo studio Snøhetta diventando Barr Restaurant. Per il nuovo progetto gli Snøhetta hanno lavorato sulla dualità vecchio-nuovo: dal pavimento in rovere caldo, che contrasta con la ruvida struttura, alle travi originali alternate con tavole scolpite, ottenendo un effetto di grotta di legno.
Link e foto:
- http://www.floornature.it/blog/big-bjarke-ingels-group-e-il-nuovo-noma
- https://www.archdaily.com/902436/noma-big
- https://big.dk/#projects-noma
- https://www.dezeen.com/2018/09/24/big-noma-restaurant-copenhagen/
- https://www.archilovers.com/projects/224994/kadeau-copenhagen.html
- https://www.designboom.com/architecture/big-bjarke-ingels-group-noma-restaurant
- https://www.area-arch.it/il-nuovo-noma-di-big/
- https://www.wallpaper.com/design/new-noma-restaurant-copenhagen-bjarke-ingels-design-2018
- http://living.corriere.it/tendenze/architettura/yes-8-domande-bjarke-ingels/
- https://style.corriere.it/top-class/la-seconda-vita-del-noma/
- http://noma.dk/
- https://www.designboom.com/architecture/studio-david-thulstrup-noma-restaurant
- https://www.domusweb.it/it/architettura/2018/10/16/big-progetta-noma-20
- http://living.corriere.it/city-guide/ristoranti/ristorante-barr-copenhagen-snohetta/