Magazzino Italian Art, di New York, apre online e agli artisti italiani che realizzano nuove opere in casa.
A lanciare un articolato programma di iniziative online è Magazzino Italian Art, spazio espositivo nato nel 2017 a New York, lungo le sponde dell’Hudson, dalla volontà di Giorgio Spanu e Nancy Olnick, la cui collezione vanta oltre 500 opere di arte italiana del secondo Dopoguerra, soprattutto della corrente dell’Arte Povera.
Tra i progetti di punta di Magazzino Italian Art da casa è Homemade, iniziativa che coinvolge 8 artisti italiani residenti a New York invitati da Magazzino Italian Art a realizzare nuove opere in casa. Gli artisti coinvolti sono Alessandro Teoldi, Andrea Mastrovito, Beatrice Scaccia, Danilo Correale, Davide Balliano, Francesco Simeti, Luisa Rabbia e Maria Domenica Rapicavoli, che per realizzare le loro opere “homemade” dovranno utilizzare materiali che hanno a disposizione nelle loro case. Fino alla fine di maggio, gli aggiornamenti del progetto Homemade saranno condivisi tramite Instagram, per culminare poi in una grande presentazione finale.
“Siamo orgogliosi di aprire le porte virtuali di Magazzino. Sebbene le nostre gallerie siano chiuse, intendiamo approfittare di questo momento, e considerarlo come un’occasione per riunire le persone attraverso l’interesse e l’amore che condividiamo per l’arte italiana”, spiega il direttore di Magazzino Italian Art Vittorio Calabrese. “Nel corso delle prossime settimane, renderemo disponibili dei nuovi programmi in formato digitale allo scopo di valorizzare opere d’arte che possano fungere da stimolo e ispirazione per la comunità creativa. Il senso di comunità e lo spirito di collaborazione sono alla base di ciò che facciamo a Magazzino Italian Art”.
Tra le iniziative promosse per Magazzino da casa, è anche Magazzino Spotify, in cui trovare playlist musicali a cura dei membri del team del museo, artisti, curatori, musicisti e dei fondatori Nancy Olnick e Giorgio Spanu. Ogni playlist è accompagnata da un breve testo che ne descrive la scelta ed è associata a un’opera installata a Magazzino Italian Art.
Silvia Conta per exibart :qual è il principale obiettivo di questa iniziativa? Pensate che potrà proseguire una volta terminato il lock down?
«La decisione di voler creare una piattaforma come quella di Magazzino da Casa nasce dalla volontà di non volersi fermare ma anche dalla responsabilità che come istituzione abbiamo rispetto alla nostra comunità di Cold Spring e la più estesa comunità artistica che ci rappresenta, parlo di artisti, partner culturali, scholars, curatori, videomaker e fotografi che hanno determinato quella che è l’identità stessa di Magazzino – ormai quasi al terzo anno di attività.
L’obiettivo è quindi quello di restare in contatto e di mandare un messaggio forte a tutti che stare a casa significa proteggere chi è più debole in questo momento ma anche di alleviare l’ansia, distrarre e creare una via di fuga per la mente in un contesto di grandi costrizioni fisiche».
Come scegliete i contenuti da proporre?
«La scelta dei contenuti da proporre è volta a tradurre la componente più umana della programmazione di Magazzino. Vogliamo dare accesso a persone e luoghi in un contesto in cui le limitazioni sono fortissime attraverso video e film inediti, proposti settimanalmente in combinazione con incontri in live streaming sui social media a cui tutti sono invitati a partecipare.
Il primo video inedito che abbiamo presentato è stato quello di Marinella Senatore & The School of Narrative Dance, che documenta la performance realizzata lo scorso novembre a Cold Spring che ha visto coinvolte oltre 700 persone e 150 performer della comunità locale.
Alla pubblicazione del video è seguito un talk tra l’artista e la curatrice Ylinka Barotto, anch’esso disponibile online. Seguiranno i film Building Magazzino, Michelangelo Pistoletto: Walking Sculpture (Cold Spring, November 2017), Melissa McGill: Red Regatta, Installing Magazzino, Murano Glass».
Nel comunicato stampa si legge che Magazzino Italian Art è tra i primi musei negli Stati Uniti a proporre una programmazione online in questo momento. Come è, in generale, il panorama rispetto a questo tipo di iniziative negli Stati Uniti nella situazione dello shut down?
«Magazzino ha percepito la gravità della situazione prima di altre istituzioni americane perché in stretto contatto con la realtà italiana e per questo ha deciso tra i primi musei a New York di chiudere preventivamente al pubblico.
Ci ha ispirato molto la grande produzione e la straordinaria risposta delle istituzioni culturali italiane che fin da subito hanno reagito con contenuti originali online.
L’ecosistema culturale statunitense sta reagendo allo shock e sta affrontando prima di tutto le criticità di un sistema culturale prevalentemente privato che non riesce a sostenere finanziariamente la chiusura al pubblico. I grandi musei aprono i propri archivi e offrono attività didattiche online gratuite rivolte in particolar modo alle migliaia di studenti a casa».
Alessandro Teoldi
Milano, 1987. Vive e lavora a New York.
Dopo una laurea presso l’Istituto Europeo di Design di Milano, nel 2013 si trasferisce a New York. Qui studia fotografia presso il Bard College e inizia a portare avanti la propria ricerca dando vita a progetti artistici e curatoriali tra cui Each Evening We See the Sunset, esposto a Milano presso Spazio Morris nel 2013 e Collected Goods a New York (2014). Nel 2015 viene selezionato per una residenza presso Baxter St – The Camera Club of New York ed in seguito a questa esperienza inizia progressivamente a distanziarsi dalla fotografia e ad avvicinarsi ad altri linguaggi artistici tra cui l’installazione, la scultura ed il ricamo. Dal 2016 si dedica ad una serie di lavori tessili, realizzati utilizzando le coperte distribuite sugli aerei dalle compagnie di volo internazionali, che l’artista trova o acquista online. La serie è una sorta di intima meditazione sui temi del distacco e dell’appartenenza ad un certo luogo e ad una certa cultura. Recentemente il suo lavoro è stato esposto in spazi pubblici e privati tra cui Suprainfinit Gallery (Bucharest, 2018), Spring Break Art Show (New York, 2018), 11 Rivington (New York, 2017), Klaus Von Nichtssagend Gallery (New York, 2017), Camera Club of New York (New York, 2016), Spazio Morris (Milano, 2013), Artspace (New Haven, 2013) e International Center of Photography (New York, 2013).
Andrea Mastrovito
Bergamo, 1978
Donatella Giordano per Artribune: Cercandoti sui motori di ricerca appari prima come regista, poi come autore di libri, e solo dopo come artista. Questo perché ti esprimi utilizzando diversi media: dal disegno alle installazioni all’audiovisivo. Raccontaci come si è evoluta la tua ricerca artistica.
Ahahah, è vero. Ricordo quando, in accademia, Stefano Arienti mi chiedeva se, da grande, volevo essere un artista o uno scrittore, dato che passavo i giorni a dipingere in aula e le notti a scrivere racconti che poi stampavo, rilegavo e rivendevo in classe… Devo senz’altro ringraziarlo: Stefano mi fece capire – col suo esempio ‒ che tutto era possibile e potenzialmente valido e prezioso. Così nei due anni della sua docenza a scuola cominciai ad abbinare alla pittura il disegno, l’incisione, la performance, l’installazione e il video, lasciando che fossero l’intuizione, la sinestesia e l’associazione di gesti e significati a farsi invenzione plastica e quindi a guidare la mia ricerca. Ancora oggi, fondamentalmente, seguo lo stesso metodo, sia nelle arti visive che nel cinema che nella letteratura (anche se, contrariamente a quanto afferma Google, sono in primis un artista…).
Beatrice Scaccia
è un’artista visiva italiana residente a New York City . Gran parte del suo lavoro è incentrato su una protagonista di nome Eva e altri simili personaggi senza genere, con volti nascosti, che rappresentano alter ego dell’artista. I disegni di gesso e cera di Scaccia , le stampe monotipo , gli schizzi , i dipinti e le animazioni sono stati esposti in diverse mostre personali a Roma , Milano e New York City. Le sue opere sono conservate anche nelle collezioni permanenti della Farnesina Experimenta presso il Palazzo della Farnesina(sede del Ministero degli Affari Esteri italiano ), della Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Viareggio , in Toscana , e della Fondazione William Louis-Dreyfus .
Danilo Correale
Danilo Correale è un artista e ricercatore nato nel 1982 a Napoli, in Italia, vive e lavora a New York e Napoli. Nel suo lavoro analizza aspetti della vita umana, come il lavoro-tempo libero e il sonno sotto le lenti del tempo e del corpo.
“La mia pratica può essere vista come un’indagine sull’opacità che circonda la politica del tempo e dei complessi sistemi culturali ed economici, il ruolo e l’impatto della tecnologia sul lavoro e sul corpo umano. Lavoro / tempo libero e sonno (e l’eterna veglia nella post-modernità) sono diventati un argomento centrale nel mio lavoro. Articolato attraverso diverse strategie di rappresentazione, da un’esplorazione pittorica della rappresentazione dei dati ad approcci sensoriali e performativi volti a coinvolgere il pubblico in esercizi come lentezza, pigrizia, burnout, noia e altre categorie filosofiche di rifiuto descritte come l’arte di “non fare nulla” .
Davide Balliano
La ricerca di Davide Balliano opera sulla sottile linea di demarcazione tra pittura e scultura, affrontando temi esistenziali come l’identità dell’uomo nell’era della tecnica e il suo rapporto con il sublime, attraverso un linguaggio austero e minimale di geometrie astratte in forte dialogo con l’architettura. Balliano, nato a Torino nel 1983, vive e lavora a New York dal 2006. Il suo lavoro e’ rappresentato da Tina Kim Gallery, NY e Luce Gallery, Torino. Ha avuto mostre personali presso Tina Kim Gallery, NY (2017), Luce Gallery, Torino (2017-2015), Timothy Taylor, Londra (2015), Room East, NY (2014), Rolando Anselmi Galerie (2014 – 2012), Galerie Michel Rein, Parigi (2013). Ha partecipato in mostre collettive David Zwirner Gallery, NY (2015), Sean Kelly Gallery, NY (2014 – 2010), Museo Madre, Napoli (2012), The Watermill Center, NY (2011), MoMA PS1, NY (2010), Espace d’Art Contemporain de Castello, Castellon, Spain (2010).
Francesco Simeti
Refugium è un termine tecnico per indicare un rifugio biologico, un luogo in cui gli occupanti sono al sicuro da una serie di minacce, spesso letali. I marinai in una tempesta cercano il rifugio di un porto, un bambino il rifugio di sua madre, il rifugio patriota di un governo tirannico. Mentre il refugium porta una di queste connotazioni, designa principalmente un paesaggio in cui animali e piante inseguono vite protette dallo sfruttamento e dalla ricerca.
Barry Lopez (Home Ground, una guida al paesaggio americano)
Assembly Room è lieta di presentare Refugium, una mostra personale dell’artista italiano con base a Brooklyn Francesco Simeti a cura di Yulia Topchiy. In questa installazione site specific composta da ceramiche e stampe digitali su biancheria sempre complesse, esotiche e decorative, Simeti crea una tensione tra realtà, finzione e natura e artificiali attraverso il rendering di quadri decorativi che emergono dalla sua appropriazione di immagini già pronte di mass media stampati. Inoltre, Simeti si basa su questo lavoro per creare habitat artificiali in cui gli organismi viventi stanno cercando di adattarsi agli ambienti in rapido cambiamento sfidati dalla guerra e dalla distruzione, dal caos e dai cambiamenti climatici, e cercano rifugio in una nuova flora straniera che lotta per preservare la propria bellezza naturale e armonia.
Luisa Rabbia
Domenico Russo per artribune: Luisa Rabbia: il tema della migrazione è presente nel tuo lavoro non dal punto di vista politico, quanto più sociale e psicologico. In che modo senti questo argomento?
Luisa Rabbia: in mostra ci sono diversi quadri che riflettono sulla migrazione, sul portarsi dietro l’esperienza personale e culturale che si fonde inevitabilmente con quello che ancora non si conosce e ci aspetta dall’altra parte. Mi interessa affrontare temi contemporanei che hanno radici lontane nella storia dell’uomo, riflettere su storie che si ripetono e in cui ognuno di noi potrebbe essere il protagonista. Preferisco soggetti universali così che l’opera cambi e viva sotto gli occhi dell’esperienza dell’osservatore.
MDR (Maria Domenica Rapicavoli)
Qua e là emergono elementi scultorei: rocce di origine calcarea con fossili su cui l’artista è intervenuta incidendo parti della mappa e delle rotte. In un ambiente separato trovano posto alcuni lavori “commerciabili” legati a questo allestimento. Tre bellissime immagini fotografiche del Mediterraneo, due tele azzurre perfettamente identiche (cielo e mare) e sovrapposte all’interno di un’unica cornice e alcune piccole sculture realizzate in calcare monocromo inciso.
Il controllo militare del Mediterraneo e la tragedia dei flussi migratori in questa installazione cercano una messa in scena che non sia solo documentaria o solo estetizzante. MDR mira a coinvolgere psicologicamente chi osserva: ma il risultato è (volutamente o meno) elegantissimo. Non lo sono altrettanto gli sbarchi che si svolgono sui moli di Catania, a poche centinaia di metri da questo spazio espositivo.