Luigi Valadier (Roma, 26 febbraio 1726 – Roma, 15 settembre 1785) è stato un orafo e gioielliere italiano. La mostra che inaugura alla Galleria Borghese, il 30 ottobre, ha come sottotitolo «Splendore nella Roma del Settecento». E’ importante associare Luigi Valadier come maestro delle arti decorative tra Tardobaroccco e arte Neoclassica.
Intervista con Anna Coliva direttrice del Museo Galleria Borghese e curatrice dell’esposizione : «Il cuore del Settecento, dagli anni ’40 al ’90, è l’ultima stagione in cui Roma fu centro di elaborazione, e poi di diffusione in tutta Europa, di un mutamento non solo stilistico, ma concettuale: il passaggio dal tardo barocco al Neoclassicismo, e Villa Pinciana ne fu il centro. Tale mutamento è visibile stanza per stanza: si inizia con l’affresco di Mariano Rossi, parte del grande rinnovamento iniziato nel 1770 per volontà di Marcantonio, e culmina nella Sala di Paride e Elena, compiuto modello di Neoclassicismo».
Figlio di Andrea Valadier, argentiere provenzale trasferitosi a Roma nel 1714, Luigi Valadier fu padre degli argentieri Filippo, Tommaso e Luigi nonché del celebre architetto Giuseppe Valadier. Orafo di fiducia di diversi papi dal 1769, lavorò anche per diversi committenti altolocati italiani e stranieri.
Legame di committenza privilegiato fu quello che Valadier seppe intessere con i Borghese, come spiega Anna Coliva: «Il rapporto inizia dapprima con Camillo, principe Borghese, e prosegue con il figlio Marcantonio IV, il più munifico mecenate della Roma del Settecento. Valadier lavorerà per Marcantonio fino all’anno della sua morte, e sarà a lui accomunato da destino fosco. Valadier si toglie la vita nel 1785, vittima di un tracollo economico. Sovente, i grandi committenti stranieri partivano da Roma con le opere, senza aver retribuito l’autore. Marcantonio da parte sua, andò incontro a una grave depressione, in seguito al Trattato di Tolentino (1797) e alle requisizioni napoleoniche che lo portarono alla perdita del suo patrimonio. Le difficoltà economiche del Borghese culminarono con la necessità di fondere il più bel servizio da tavola, composto da centinaia di piatti da portata, alzate, terrine, a cui Valadier lavorò per oltre vent’anni. Solo sette pezzi del servizio sono ancora esistenti, e noi ne abbiamo in mostra sei, da collezioni private. Ora, seppur temporaneamente, sono di nuovo nella loro casa. Allo stesso modo tornano a Roma, per la prima volta dalla loro creazione, le immense lampade in argento realizzate per il Santuario di Santiago di Compostela, massimo raggiungimento del Rococò».
Prosegue la Coliva: «a simbolo di grandezza, nobiltà ed etica, un vero e proprio monito morale dell’antico. Valadier realizza numerose repliche in bronzo di statue classiche, a volte delle stesse dimensioni dell’originale, a volte in dimensioni ridotte, come la “Venere Callipigia”, qui in mostra, eseguita per la duchessa di Berry. Infine, per chi vorrà proseguire questo percorso al di fuori del Museo, dei totem multimediali consentiranno di scoprire tutti i luoghi di Valadier nella città: per riscoprire la Roma settecentesca, la Roma fulgida e splendida dell’oro e dell’argento».
Circa novanta le opere presentate, articolate in sezioni, tra cui opere sacre e arredi liturgici, argenti profani, disegni, opere della Galleria Borghese. Tra le opere esposte è possibile ammirare le monumentali lampade d’argento per il santuario di Santiago de Compostela, l’imponente bronzo del San Giovanni Battista dal Battistero San Giovanni in Fonte al Laterano, le statue di santi dall’altare della cattedrale di Monreale, le grandi riproduzioni in bronzo di statue antiche realizzate da Valadier per sovrani e principi europei, provenienti dal Louvre, il sostegno del cammeo di Augusto, eseguito per il Museo Sacro e Profano in Vaticano e la ricostruzione del tempio di Iside a Pompei per Maria Carolina d’Austria, dal Museo di Capodimonte.
“Si tratta nella maggior parte dei casi, di cammei, gemme, frammenti di scavo come animali di marmo antichi o piccoli busti, oggettini solo apparentemente innocui, ma che scatenano la fantasia di Valadier che li fa diventare sublimi e misteriosi. “
Erano per lo più pietre preziose rubate, provenivamo quasi tutte dalla collezione del Cardinal Vicario Gaspare Carpegna, che le ottenne depredando le catacombe Cristiane.
“Nel 1779 Papa Pio VI Braschi conferisce a Luigi Valadier l’ incarico di montare gemme e cammei. E di disegnare ‘quattro armari’ destinati a contenerle. Gli armadi eseguiti in legni esotici, come l’ angelino e il sandalo rosso e ornati in bronzo dorato erano destinati al museo profano di Pio VI, che si recò personalmente nella fonderia dell’ orafo ad ammirarli. Gli armadi sono ancora in Vaticano ovviamente vuoti. Ci pensarono i francesi ad alleggerirli del loro prezioso contenuto.”
Nel 1785 la sua esistenza si chiuse tragicamente: durante la lavorazione dell’attuale campanone della Basilica di San Pietro, del diametro di mt. 2.30 in peso di 10 tonnellate. Luigi, che non era un fonditore di campane, la vigilia della fusione si suicidò gettandosi nel Tevere. La colata venne poi portata a termine da suo figlio Giuseppe.
La mostra, sostenuta da FENDI partner istituzionale della Galleria Borghese, da Intesa Sanpaolo, con il contributo della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti, è accompagnata da un catalogo edito da Officina Libraria, a cura di Geraldine Leardi.