di ROBERTO LUCIANI
Nel corso dei secoli XVI e XVII, il problema della mendicità e del vagabondaggio in Italia, come nel resto d’Europa costituiva un fenomeno la cui vastità e imponenza sono evidenziate esemplarmente dalla costituzione di organizzazioni stabili di mendicanti legalmente riconosciute.

Contestualmente le autorità provvedevano all’emanazione di una serie di misure repressive tendenti alla reclusione coatta di tutti coloro che fossero risultati inabili al lavoro. In questo contesto, nella Roma papale, si inserisce l’iniziativa di Sisto V che fonda, nel 1587 presso Ponte Sisto, l’Ospizio dei Cento Preti con finalità assistenziali. Tale iniziativa si rilevò tuttavia inadeguata rispetto alla gravità del problema e l’Istituto si trasformò ben presto in semplice Ospedale.
Altre iniziative del genere nacquero negli anni successivi, una di queste fu la creazione del Conservatorio dei Ragazzi, istituito da Tommaso Odescalchi nel 1673 a Piazza Margana e trasferito poi a Ripa Grande dove nel 1686 sorse il primo embrione di quello che sarebbe stato l’Ospizio Apostolico del San Michele.
La fabbrica del San Michele
Fu con il pontificato di Innocenzo XII Pignatelli che si ebbe una svolta sostanziale nell’affrontare i problemi assistenziali con un piano organico che si proponeva la rieducazione dei giovani attraverso un avviamento di tipo professionale.
Questo programma diede notevole impulso alla grande fabbrica del San Michele che nel volgere di 35 anni raggiunse quasi i due terzi dell’attuale sviluppo.
Le vicende costruttive ebbero peraltro un corso estremamente tormentato, caratterizzato da frequenti ripensamenti progettuali e lunghi periodi di stasi che protrassero a dismisura i tempi di realizzazione del complesso che vide il suo completamento solamente 150 anni dopo il suo inizio, circostanza questa che fa del San Michele un insieme architettonicamente frammentario in contrasto con l’unitarietà formale della lunga e ritmata facciata sul Lungotevere di Ripa Grande.

Il primo nucleo, costruito tra il 1686 ed il 1689 su progetto di Carlo Fontana e Mattia dè Rossi sotto il pontificato di Innocenzo XI Odescalchi, comprendeva un corpo di fabbrica a quattro piani prospicienti il Lungotevere, dotato di due ali basse racchiudenti l’attuale Cortile dei Ragazzi, il cui nome deriva dalla originaria funzione dell’edificio destinato al ricovero ed alla rieducazione dei giovani orfani e bisognosi.
Sappiamo dalle cronache che nel 1693 “Sua Santità Innocenzo XII, tutto intento a porgere aiuto alla povertà, si portò in persona, accompagnato dagli eminentissimi Palatini, a insilare il reclusorio detto di San Michele in Ripa, fatto dal defunto canonico Odescalchi, dove Sua Santità pensa di mettervi tutti li poveri ragazzi di Roma e darli alla custodia dei Padri delle Scuole Pie acciò gli ammaestrino nelle scienze, et ammirò molto il luogo”.
Il 13 giugno, con la bolla Ad Exercitium Pietatis fu costituito ufficialmente il nuovo ente assistenziale che concentrava tutte le esistenti organizzazioni in un unico istituto col nome di Ospizio Apostolico dei Poveri Invalidi.
In quello stesso anno fu commissionato a Carlo Fontana l’ampliamento del fabbricato; all’edificio esistente venne aggiunto, lungo il muro di cinta su via di San Michele, un corpo di fabbrica ad un piano adibito a lanificio e furono sopraelevate le due ali a Nord e a Sud, originariamente ad un solo piano. Nel 1701 per iniziativa di papa Clemente XI Albani, sempre su progetto del Fontana, fu iniziata la costruzione del Carcere di Correzione Maschile, che fu terminato nel 1704. L’edificio, per la cui realizzazione l’architetto si ispirò alla tipologia conventuale, si può identificare quale prototipo di una concezione moderna di reclusorio nel quale il detenuto non è più considerato come un essere da isolare attraverso una condanna esclusivamente punitiva, ma come un individuo recuperabile, e quindi ancora socialmente esistente, attraverso un sistema rieducativo che era da considerarsi in quell’epoca decisamente all’avanguardia. Nel 1708 iniziarono lungo la Via di San Michele i lavori per la costruzione dell’edificio destinato ad ospitare i Vecchi e le Vecchie
Successivamente furono edificati il nuovo corpo di fabbrica di fronte alla Porta Portese (1706-1709), adibito a stanze da affittare ed in seguito a Caserma dei Doganieri, la Chiesa della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, detta Chiesa Grande, nel Cortile dei Vecchi (1710), la Chiesa della Madonna del Buon Viaggio (1712).

La Chiesa Grande
Ubicata nel fulcro geometrico della fabbrica, la Chiesa Grande fu ideata da Carlo Fontana con una pianta a croce greca che rispondeva in maniera perfetta alla concezione organizzativa dell’Ospizio nel quale era istituzionalmente esclusa la promiscuità tra le quattro diverse classi di assistiti: Ragazzi, Ragazze, Vecchi e Vecchie. Anche la Chiesa, che si costituiva come unico elemento di comunione, rispettava questa regola e le quattro comunità dovevano rimanere confinate ciascuna nel proprio settore identificato in uno dei quattro bracci della croce, delimitati da cancellate nel punto di confluenza.

A causa di una vertenza sulla proprietà terriera con le vicine monache della chiesa di Santa Cecilia, protrattasi ben settantacinque anni, si presenta attualmente con soli tre bracci e, in luogo di quello mancante, un fondale neoclassico realizzato nella prima metà dell’Ottocento. Alla morte di Carlo Fontana (1714) la direzione dei lavori passò all’architetto Nicola Michetti cui si deve la realizzazione del prospetto modulare sul Lungotevere. Nel 1734 Clemente XII commissionò a Ferdinando Fuga il progetto per il Carcere Femminile, a ridosso della Caserma dei Doganieri e prospiciente Piazza di Porta Portese. Nel 1796 il complesso fu ultimato ad opera di Nicolò Forti con il completamento del Conservatorio delle Zitelle.

Tra il 1831 e il 1834 lavora nella fabbrica Luigi Poletti che costruisce due bassi corpi di fabbrica adibiti a laboratori per la lavorazione dei marmi e dei metalli, nella zona compresa tra il Carcere Maschile e il Lungotevere e completa i lavori della Chiesa Grande.
I laboratori
Il complesso del San Michele ha mantenuto la propria funzione, oltre che come luogo di ricovero, soprattutto come sede di fiorenti attività artigianali dalla sua creazione fino al 1870. Nei primi anni i giovani apprendevano vari mestieri in piccoli laboratori di falegnameria, di rilegatoria, di calzature, di cordami. La prima struttura creata con criteri veramente professionali fu il lanificio istituito nel 1703, incentrato soprattutto sul lavoro dei detenuti nella Casa di Correzione.
Più tardi sorsero un’arazzeria, una stamperia ed una scuola per le arti liberali. Per garantire la commercializzazione dei prodotti artigianali del San Michele, lo Stato Pontificio adottò in alcuni casi un margine di monopolio, come nel caso del lanificio che doveva provvedere al rifornimento dell’esercito e della Camera Apostolica. Il suo sviluppo fu tale che il personale interno alla fabbrica, nel corso del Settecento, non era più sufficiente a far fronte alla domanda, tanto che si dovette ricorrere al reclutamento di personale estraneo all’Ospizio. Ma l’attività di maggior rilievo nella storia del San Michele fu la tessitura degli arazzi.
Personalità di spicco furono chiamate alla guida della Scuola da cui uscivano maestranze altamente qualificate. Lo straordinario successo di questi prodotti indusse la Francia, nel periodo dell’occupazione, a far chiudere l’arazzeria per eliminare la concorrenza alla manifattura francese dei Gobelins. Scarso rilievo ebbero invece, nel corso del XVIII secolo, le scuole d’arte liberali che si svilupparono solamente dopo il 1830 per volere di monsignor Antonio Tosti che in quell’anno assunse la presidenza dell’Istituto. L’Istituto venne così riorganizzato con una nuova impostazione volta ad ampliare i settori d’insegnamento e le officine stesse. Tra le personalità più illustri che uscirono da queste scuole vanno ricordati gli incisori Luigi Calamatta e Paolo Mercuri e gli scultori Luigi Amici e Adamo Tadolini, autore, quest’ultimo, della grande statua del Cristo che campeggia nell’abside della Chiesa Grande. L’arazzeria fu riaperta, ma la produzione fu di qualità più modesta e lo stesso lanificio si trovò in difficoltà quando venne ritirata dalle autorità pontificie la concessione del monopolio per i rifornimenti delle truppe.

Con l’avvento dell’unità d’Italia iniziò per il San Michele un inevitabile declino caratterizzato dall’interruzione delle attività assistenziali, non più sostenute dalle prebende papali e dalla progressiva chiusura delle scuole d’arte; questa fase si concluse definitivamente nel 1938 con la creazione del nuovo Istituto Romano San Michele a Tormarancia e l’abbandono della vecchia sede. Il complesso dei due Carceri e della Caserma dei Doganieri venne unificato e ristrutturato con funzioni di carcere minorile che, con il nome di Aristide Gabelli, rimase attivo fino al 1972.

I Restauri
Lavori di restauro e ristrutturazione sono stati finanziati dall’allora Ministero per i Beni e le Attività Culturali (oggi Ministero della Cultura), diretti a partire dal 1973 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio e, dal 1991, dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma (poi Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico-Artistico e Demoetnoantropologico di Roma) e sono stati progettati e diretti dagli architetti della Soprintendenza Francesco De Tommaso e Patrizia Marchetti. Il recupero della sala dello Stenditoio è stato progettato dai proff. Gaetano Miarelli Mariani e Franco Minissi.
Dopo una fase preliminare di studi e ricerche i lavori ebbero inizio nel 1973, eseguite tutte quelle opere provvisionali atte ad arrestare i crolli dovuti alla vetustà delle strutture e alla mancanza di manutenzione protrattasi per alcuni decenni, si provvide, quale primo intervento di consolidamento, ad un totale risanamento delle coperture che, per buona parte, furono sostituite integralmente. Ove le caratteristiche architettoniche imponevano la totale conservazione degli elementi costruttivi si è cercato di eseguire operazioni limitate alla sostituzione parziale delle componenti strutturali.

L’abbandono del complesso e le successive vicende belliche, che ne fecero ricovero per gli sfollati, accelerarono a dismisura il naturale processo di degrado cosicché quando nel 1968 l’edificio fu messo in vendita dall’Istituto, la situazione strutturale era in molti punti al limite del collasso.
Lo Stato, esercitando il diritto di prelazione, acquistò l’immobile finalizzando la sua destinazione a sede della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione che, con l’istituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali nel 1975, si trasformò, assumendo gradualmente la fisionomia di centro propulsore di tutte le attività culturali.
Dopo le coperture la seconda operazione, in ordine di priorità, fu il consolidamento delle strutture verticali e orizzontali. La estrema povertà degli elementi costruiti impose scelte progettuali e metodologie operative radicali. I solai in legno, ormai del tutto fatiscenti, furono sostituiti con piastre in ferro composte da travi e lamiera grecata; le volte, come pure le murature perimetrali furono consolidate con iniezioni di malta fluida di cemento e resine epossidiche. Contestualmente, si procedeva alla complessa operazione del consolidamento delle fondazioni, la vicinanza del fiume Tevere era stata causa di alcuni cedimenti in vari settori costituenti.

Vista la notevole estensione e disomogeneità strutturale del complesso architettonico, si sono adottati diversi tipi di sottofondazioni, studiati e adattati ai vari settori dopo accurate indagini geognostiche eseguite sin dal 1972. In particolare, per consolidamento delle fondazioni del Carcere Maschile si è adottata una metodologia del tutto innovativa che, con l’uso di martinetti idraulici, consente la calibratura ed il controllo dei carichi trasferiti all’appoggio fondale, mediante un costante monitoraggio. Il restauro dei particolari architettonici è stato lungo e particolarmente delicato. Sono stati integrati intonaci lacunosi, cornici e stucchi fatiscenti, restituite le coloriture originarie dei prospetti, optando per la bicromia che il complesso monumentale assunse nello scorso secolo, epoca in cui raggiunse la facies attuale.

Le pavimentazioni dei porticati, dei loggiati e dei disimpegni sono state ripristinate con elementi in cotto lavorato a mano, ripetendo le forme e il disegno dei pochi resti ancora esistenti in alcune delle sale dell’edificio. Nella Chiesa Grande e in alcune sale di rappresentanza sono stati mantenuti, restaurati e integrati i pavimenti originari policromi. Sono stati infine restaurate le decorazioni a tempera e a fresco del Conservatorio dei Ragazzi, ove gli allievi eseguivano le prove di esame, dopo aver frequentato le Scuole d’Arte del San Michele.

Intervento di restauro molto interessante è stato realizzato nell’ex stenditoio, sovrastante la Chiesa del Fontana, con la spettacolare capriata ad ombrello, che conferisce un peculiare interesse all’inconsueto spazio architettonico. Dopo le complesse operazioni di restauro, il vasto ambiente è oggi adibito a sala per convegni dopo l’inaugurazione ufficiale avvenuta in occasione della VI Assemblea Generale I.C.O.M.O.S. nel 1981.
Ultimato, settore per settore, l’intervento di consolidamento statico, l’ultima operazione è consistita nell’adeguamento degli spazi alle nuove funzioni cui era stato destinato l’intero edificio.