Suono, luce e movimento sono gli elementi centrali del lavoro di ricerca di oltre cinquant’anni, condotto dall’artista piemontese Piero Fogliati nell’ambito delle relazioni tra scienza, tecnologia e arte.
Piero Fogliati (Canelli 1930- Torino 2016) ha vissuto e lavorato prevalentemente a Torino. A partire dagli anni Cinquanta si dedica alle arti visive, sperimentando da autodidatta l’espressione pittorica, sia figurativa sia astratta-informale. La ricerca di uno stile personale e la fiducia nei confronti dell’autonomia del linguaggio artistico si coniugano ben presto con la forte passione per la scienza e la tecnologia. Esplorando la percezione sensoriale e i fenomeni naturali, Fogliati costruisce macchine dotate di un’estetica sublime e raffinata connessa alla sfera visiva-acustica.
In un momento come questo in cui ciascuna città italiana ha subito un riassetto drastico e drammatico, non si può non cercare conforto nei poetici progetti urbani di
Piero Fogliati.
In questo disegno datato 1970 e intitolato “La Città Fantastica, Fogliati inserisce nell’ambiente urbano le sue sperimentazioni ottiche, sonore e luminose : Dalla Fontana Ludica, all’Auditorium a Rumore fino alla Luce Plastica e via dicendo…
E chissà che aspetto avrebbero le nostre città se prendessero spunto proprio dalle sue ricerche…
Non possiamo che chiudere gli occhi ed immaginarci, per esempio, il suono del suo boomerang acustico.
Un suono che percorre le periferie della città senza incontrare ostacoli…

Le opere dell’artista sono infatti legate all’ideazione della Città Fantastica, un vasto progetto di interventi urbani in cui i suoni, le luci, gli elementi atmosferici e gli ecosistemi idrogeologici si trasformano in esperienze estetiche e sensoriali (un “sogno globale” che Fogliati sviluppa a partire dai primi anni Sessanta). Suono, luce e movimento sono gli elementi centrali del lavoro di ricerca di oltre cinquant’anni condotto dall’artista piemontese nell’ambito delle relazioni tra scienza, tecnologia e arte.
Tali indagini lo portano a realizzare le sue sorprendenti “invenzioni” pensate nelle loro relazioni con l’ambiente, intrise dello spirito dell’esploratore e tese a tradurre la sua passione e conoscenza della tecnologia.

Affrontare l’ambiguità e la complessità del mondo, attraverso la ricerca di una forma da attribuire ai desideri, è stata senz’altro una delle sfide più appassionanti che la cultura contemporanea ha saputo di fatto rilanciare.
In tal senso, soprattutto l’idea di città è stata oggetto di una forte attenzione, in un momento in cui la realtà dell’industria e lo sviluppo delle tecnologie venivano a confrontarsi con l’ambiente, mettendo in discussione il disegno del paesaggio ma anche la struttura urbana e i suoi modelli abitativi.
Di fronte a un fenomeno di pesante urbanizzazione, dai primi anni sessanta del Novecento si sono dunque manifestati in più ambiti contributi espressivi che hanno riflettuto sul possibile destino della città, scofinando senza dubbio nel terreno dell’utopia, ma offrendo, proprio per questo, la grande opportunità di salvagurdare un “luogo” assolutamente irrinunciabile, l’immaginazione. Il progetto della Città Fantastica- e in generale l’opera di Piero Fogliati – si colloca proprio all’interno di questo clima culturale.
Racconta infatti l’artista:“Il mio lavoro è stato dedicato all’immaginario; sognavo di vedere presenze estetiche fantastiche e spiazzanti come utopie inspiegabili collocate nella città..”
Piero Fogliati, artista ultra ottantenne dall’incessante attività, da sempre impegnato in ricerche sulla luce, iniziate quando da ragazzo decise di realizzare il suo grande sogno: colorare la pioggia. Con le sue opere Piero Fogliati ricuce la frattura tra arte, scienza, filosofia, spiritualità, inesorabilmente degenerata nella separazione dei saperi già dalla seconda metà del Settecento.

Un’Arte antica ma incredibilmente contemporanea, che adotta il progetto come metodo di intermediazione tra il mondo fantastico, nutrito da un immaginario libero, e il mondo reale, sensibile ai cinque sensi e in preda alle trasformazioni della materia, per costruire la macchina, strumento e opera d’arte, studiata per evocare lo Stato delle Meraviglie.
Piero Fogliati dirige la sua immaginazione in mondi ancora inesistenti e la trasferisce, analizzandone le dinamiche, nei mezzi meccanici convenientemente istruiti per registrare e replicare le operazioni idonee a produrre regolarmente i fenomeni sensibili concepiti con la fantasia.
La registrazione e la trascrizione dell’imprinting iniziale, che ha dato vita a l’ispirazione poetica, è coniugata con l’elettronica e la meccanica, elaborata in linguaggi espressivi inusuali, nuovi, nella comunicazione artistica perché generati impiegando media contemporanei non conformi a quelli utilizzati nelle accademie per classificare i fenomeni dell’arte, per questo difficili da comprendere in quegli ambienti organizzati formalmente e resistenti verso le proposte di sperimentazione.

Negli anni sessanta, a Torino, la relazione con gli strumenti meccanici è sinonimo di alienazione, di lavoro estraniante, di fabbrica automobilistica e di grigiore ambientale.
In maniera geniale, da vero Maestro dell’Arte, Fogliati azzera le congetture e realizza media addomesticati, assoggettati alle attività del fantastico, che improvvisamente aprono scenari di conoscenza affacciati verso il meraviglioso e l’inaspettato. Tutto questo ora è possibile, lo ha dimostrato Piero Fogliati nel suo laboratorio collocato tra cielo e terra, attrezzato per convertire l’immaginario in realtà.
Le opere di Fogliati, devono avere, per chi le guarda, un ruolo più che mai attivo. Ogni lavoro necessita una speciale dedizione da parte dello spettatore. Tutto è pervaso dal suono della natura, dal colore della pioggia. Elementi apparentemente imprendibili, che Fogliati ha catturato per noi con una leggerezza poetica della quale solo pochi artisti sono stati capaci. Sono opere fatte di nulla, nessun preziosismo facile. La Torino della fine degli Anni Cinquanta, inizio Sessanta, in cui Fogliati si è formato è stata una città straordinaria. E lui uomo, prima ancora che artista, curioso, è riuscito a percepire e frequentare situazioni importanti, cogliendo per esempio, la portata della musica sperimentale che in quel particolare momento storico stava vivendo una stagione straordinaria, in perfetto dialogo con la cosiddetta arte figurativa.
Sue opere sono presenti alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, al Museion di Bolzano, alla Galleria Comunale di Cagliari, al MACRO di Roma, allo ZKM di Karlsruhe, al Museo Technorama der Schweiz di Winterthur, al Musée de l’énergie électrique di Mulhouse, all’AT&T Foundation, alla “Cité des Sciences et de l’Industrie” di Parigi (che nel 1992 gli ha dedicato la mostra personale “Sculpter l’invisibile”), nonché in numerose e importanti collezioni private, tra cui la Fondazione Giuliano Gori a Santomato, la Collezione Panza di Biumo di Lugano e la VAF-Stiftung di Francoforte sul Meno, le cui opere sono in comodato presso il MART di Rovereto.