Giacomo Boni
L’architetto veneto Giacomo Boni, direttore del Foro romano dal 1898 al 1925, sperimentò la documentazione grafica degli scavi dall’ areostato.
Spiega Patrizia Fortini (archeologa della soprintendenza e curatrice della mostra, insieme a Elisa Cella e Laura Castrianni): “Si tratta di un nucleo di fotografie aeree scattate dal pallone frenato e dal cosiddetto pallone drago, DrakenBallon, e riemerse grazie ad un lavoro ricerca condotto tra i materiali dei nostri archivi”.
La storia dell’archeologia a Roma ha svelato un capitolo poco noto, che fu scritto tra il 1898 e il 1911, quando il Foro romano e il Palatino divennero la culla di una sperimentazione senza precedenti in Europa. Quando, cioè, lo studio, l’indagine e la documentazione grafica degli scavi si facevano dalla cesta di un aerostato, tra i 60 e i trecento metri d’altezza. Quando nell’area centrale degli scavi debuttò la fotografia aerea archeologica.
La mostra, nel 2012, fece una prima tappa nella sede universitaria delle ex Vetrerie Sciarpa, in via dei Volsci 122, per poi spostarsi dal 23 giugno al 7 luglio alla British School at Rome (via Gramsci 61). L’architetto veneto assunse la direzione del Foro romano dal 1898 al 1925, in stretta collaborazione con la Sezione aerostatica del Genio militare e soprattutto con il capitano Maurizio Mauro Moris, in compagnia del quale Boni effettuò le prime “volate” sulla valle del Foro.
Wilbur Wright a Centocelle, il primo volo
Il geniale americano era stato ingaggiato per formare il tenente di vascello Mario Calderara e il tenente del Genio Umberto Savoia. Wilbur Wright, accettato l’incarico, aveva portato in Italia il suo mitico “Flyer” trasportandolo in treno da Parigi.
Il pianoro di Centocelle a Roma, quartiere periferico del quadrante sud-est, si era così trasformato in un luogo chiave per la storia dell’aviazione.
Dal 15 al 26 aprile l’aviatore statunitense ebbe modo di far conoscere la sua portentosa invenzione insegnandone i segreti tecnici agli italiani. Sebbene, come detto, le dimostrazioni partirono il 15, la data ufficiale del primo volo è quella del 19 aprile. Fu infatti solo allora che il Flyer si alzò dal suolo spinto dal motore senza aiuti manuali.
Il 19 aprile 1909, infatti, per la prima volta un aereo si alzava in volo nei cieli italiani.
Questo giorno memorabile ha per teatro l’aeroporto di Centocelle e tra i suoi protagonisti un nome illustre: Wilbur Wright.
Proprio quel Wright che nel 1903, con il fratello Orville, creando la prima macchina volante, aveva realizzato uno dei più grandi sogni dell’uomo.
Fu così che i due tenenti, Mario Calderara e Umberto Savoia divennero i primi aviatori italiani.
Il primo brevetto fu quello di Calderara che a Centocelle fondò anche la scuola per aviatori dove ben presto sorsero hangar.
Inoltre, da qui partirono nel 1920 gli aerei che volarono nella tratta sperimentale da Roma a Tokyo.
Carlo Mercuri, in un articolo del Messaggero scritto nel 2009 per il centenario dell’aeroporto di Centocelle ricorda lo scalpore che suscitò la presenza a Roma di Wilbur Wright:
«Tutti volevano provare a volare con Wilbur Wright. In pochi giorni l’ebbrezza del primo volo fu concessa all’ex presidente del Consiglio Sidney Sonnino, all’ammiraglio Mirabello ministro della Marina, al duca di Gallese e al principe Doria. Ad assistere alle evoluzioni giunsero anche il Re e la Regina Margherita.».
Centocelle fu sede del primo aeroporto italiano. La stazione meteorologica iniziò la sua attività nel 1909 in concomitanza con l’apertura dell’aeroscalo. Situata a 52 m s.l.m., la stazione svolse assistenza alla navigazione aerea, funzionando ininterrottamente fino all’8 settembre 1943, prima di essere chiusa a causa degli eventi bellici. Riaperta il 15 maggio 1945, continuò a svolgere le sue funzioni di assistenza alla navigazione aerea e di osservazioni e raccolta dei dati meteorologici fino al settembre 1965, quando ne furono decise chiusura e disarmo.
Bracciano, il Museo Storico dell’aviazione
Il Museo Storico ha sede nell’Idroscalo di Vigna di Valle, il più antico in Italia, sito sulla sponda sud del lago di Bracciano dove, nel 1904 per volontà del Maggiore del Genio Mario Maurizio Moris, padre riconosciuto dell’aviazione italiana, fu impiantato il primo Cantiere Sperimentale Aeronautico. Qui volò nel 1908 il primo dirigibile militare italiano, l’N.1, opera degli ingegneri Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni. Divenuto successivamente, e fino al 1945, Centro Sperimentale per gli idrovolanti e per l’armamento navale, fu anche sede dell’88° Gruppo Caccia Marittima e nel dopoguerra del Comando del Soccorso Aereo con l’84° Gruppo Idrovolanti. Fanno da cornice al Museo, voluto e realizzato dalla Forza Armata per dare degna collocazione al patrimonio aeronautico italiano, le costruzioni e le strutture dell’Idroscalo, oggi unico sito di questo genere in Italia a mantenere intatte le caratteristiche architettoniche tipiche di un insediamento aeronautico sviluppatosi in un arco temporale che va dall’origine fino agli anni sessanta del secolo scorso.
https://youtu.be/0JpmzRveiq4
Il Museo Storico dell’Aeronautica Militare, con i suoi 13.000 m2 di superficie espositiva coperta, è uno dei più grandi ed interessanti musei del volo esistenti al mondo. Disposto su quattro grandi padiglioni espositivi, il Museo accoglie al suo interno circa 80 velivoli ed una cospicua collezione di motori e cimeli aeronautici di vario genere che raccontano, in sequenza cronologica, la storia del volo militare in Italia e quella degli uomini che ne furono protagonisti. Il percorso si snoda attraverso i settori dedicati ai Pionieri, ai Dirigibili, alla Prima Guerra Mondiale (hangar Troster, inizio visita), all’epopea dei Voli Polari del Generale Nobile, alle Grandi Crociere di Massa, alla Coppa Schneider, ai velivoli tra le due guerre (hangar Velo), alla Seconda Guerra Mondiale e i grandi aeroplani (hangar Badoni), per terminare con l’ultimo padiglione illustrante la rinascita post-bellica dell’Aeronautica Militare Italiana, che comprende i velivoli a getto contemporanei (hangar Skema).
Il GAVS
Fondato nel 1983, il GAVS si prefigge espressamente la conservazione ed il recupero di aerei d’epoca costruiti o impiegati in Italia. I membri volontari dell’associazione, sono suddivisi sul territorio italiano in varie sezioni. Dall’anno della sua fondazione l’associazione stampa una rivista trimestrale: Ali Antiche interamente dedicata alla conservazione ed al restauro degli aerei storici italiani. Il GAVS collabora con l’Aeronautica Militare e promuove iniziative storiche presso aeroclub, musei, privati ed ha per questo impegno ricevuto nell’anno 1992, il diploma d’onore della Fédération aéronautique internationale, organo dell’ONU.
S.a.r.a .Nistri s.r.l.
In molti casi una semplice fotografia aerea, ancorchè ingrandita, non è sufficiente per certificare l’effettivo stato dei luoghi all’epoca del volo aereo. In tali circostanze è possibile eseguire indagini sulla documentazione fotografica assai più approfondite, basate sul metodo aerofotogrammetrico. Il metodo aerofotogrammetrico consiste in primo luogo nella riproduzione di due diapositive, eseguite a contatto dal negativo originale, tratte da due fotogrammi scattati nello stesso istante, sullo stesso particolare ma da due diversi punti di vista. Le due diapositive vengono poi “montate” su un particolare strumento detto “stereorestitutore” che consente, a seguito di una serie di articolate operazioni, di disporre di una visione binoculare tridimensionale e georeferenziata delle immagini. Si ricostruisce pertanto un “modello” virtuale tridimensionale dello stato dei luoghi alla data del volo ed è possibile esaminare e misurare anche in altezza tutti i particolari fotografati, con una accuratezza e un dettaglio non ottenibili con altri metodi. Il modello tridimensionale viene poi “restituito” in un rilievo al tratto in scala, accompagnato da una relazione tecnica con eventuali risposte a specifici quesiti. Nel caso di Roma si dispone della copertura fotografica dell’ intero territorio negli anni 1934, 1943/44, 1958, 1960/62, 1967, 1969, 1975, 1976, 1977,1980,1984, 1985, 1991, 1992 (parte) 1994, 1998, 2001, 2003 e 2007 e anni più recenti.
Archeologia spaziale
Negli anni, gli scavi condotti dalla Soprintendenza, dalla British School at Roma e dalle università di Cambridge e di Southampton hanno svelato l’esistenza di moltissime strutture di questa città perduta, dal Palazzo Imperiale con il suo anfiteatro ai cantieri navali, fino al Faro e ai canali che collegavano l’antico porto di Roma (per 500 anni il più esteso del mondo antico, capace di accogliere 150 navi alla volta) alla città. Per alcune ricerche, ad affiancarli è stata anche Sarah Parcak, professore associato presso l’Università dell’Alabama e pioniera dell’archeologia spaziale, celebre per le sue scoperte realizzate attraverso le immagini satellitari, che l’hanno portata a identificare siti sepolti in tutto il mondo, da tombe e piramidi in Egitto alle rovine dell’Impero romano in Africa e in Europa. Proprio a questa sua avventura è dedicato il documentario prodotto dalla Bbc “Roma: l’Impero dallo spazio“.
SARA GRATTOGGI per Repubblica Roma: professoressa Parcak, ci racconta dei suoi studi a Portus?
“Ho collaborato alcuni anni fa con il team del Portus Project per individuare la posizione di una serie di strutture antiche: strade, magazzini, canali e il vecchio percorso del Tevere. Ma anche l’anfiteatro del Palazzo imperiale e il leggendario Faro, costruito dall’imperatore Claudio nel primo secolo d. C.”.
A cosa hanno condotto le vostre scoperte?
“A una maggiore conoscenza del sito. L’arena, ad esempio, è stata trovata in un’area inaspettata. E questo ci spinge a farci nuove domande, perché se la parte divertente dell’archeologia è certo scoprire nuove strutture, lo scopo principale è quello di capire meglio cosa accadde nell’antichità. Come e perché si decise di costruire qualcosa in un certo sito”.