Oggi, in questo paese meraviglioso, l’Italia, dove esistono continue storie di arte, di paesaggio e borghi, vi parliamo di Bologna, ma ci soffermeremo su una persona molto speciale. Una città dove vi era una libertà sconosciuta nelle altre città; Bologna della Controriforma, sede della prima università europea fondata nel 1088, e seconda città importante dello Stato Pontificio, qui era vissuta una pittrice: Elisabetta Sirani (1638 – 1665).
La sua cultura era solida per quanto riguarda la storia, la letteratura, la filosofia e le scienze. Era brava anche a suonare vari strumenti e a leggere la musica. Figlia d’arte del pittore e accademico Gian Andrea Sirani, discepolo prediletto del grande Guido Reni. Il padre era anche un grande collezionista e mecenate. Tramite Malvasia, aveva relazioni con i Medici, con l’agente Ranuzzi, con il marchese Ferdinando Cospi e con la famiglia Crespi.
Molteplici sono gli studi, le ricerche e le mostre – tutte dedicate alla carriera brillante di Elisabetta Sirani. Soprannominata “il miglior pennello di Bologna” dai suoi contemporanei. Capacità ingegnosa d’interpretare e sviluppare uno stile personale. Tutti venivano a visitarla e a guardarla mentre dipingeva. Per lei era anche una forma di auto-promozione, soprattutto per convincere i più increduli, che accusavano Elisabetta di non essere la vera autrice delle opere.

“Sirani fece disegni in una varietà di supporti, come pennello e lavaggio, penna e inchiostro con lavaggio, gesso nero, gesso rosso e una combinazione dei due”.
Lo stile di Sirani è vicino a quello dell’insegnante di suo padre, Guido Reni (Elisabetta impiegò contrasti più drammatici di luce e ombra, pennellate virtuose e colori più brillanti); altre somiglianze delle sue opere possono essere trovate con Ludovico Carracci, Giovanni Francesco Barbieri (Guercino) e Artemisia Gentileschi. Prendeva spunto dalla bibbia e dalla storia romana, ma in forma assolutamente originale. La sua opera prese in considerazione molti soggetti femminile, sempre visti sotto la lente della forza e dell’indipendenza, ma sempre con una dolcezza femminile.
Vissuta in un’epoca, a Bologna, dove viveva un grande pittore, che venivano da tutt’Europa per acquistare i suoi quadri: il Guercino. Il pittore (Cento 1591 – Bologna 1666) ritenuto uno degli artisti più rappresentativi della fase matura del barocco, la sua produzione è scevra dalle pesantezze e opacità è invece caratterizzata da forti contrasti di luce e da ombreggiature ariose che, pur non divenendo mezzo per ottenere valori costruttivi come nel Caravaggio, creano una freschezza e una trasparenza caratteristiche.

Elisabetta Sirani (autoritratto?), 1658
“Per capire anche l’importanza della tessitura delle tele di quell’epoca a Bologna, bisogna menzionare che questa tela era un pezzo unico, non cucito. La Sirani riuscì a finire l’opera in un anno e ricevette un compenso di mille lire. In seguito Elisabetta non si sarebbe più cimentata in scene grandiose, tuttavia questo Battesimo di Cristo, recentemente restaurato, evidenzia tutta la sua inventiva e il suo coraggio di scostarsi dalla tradizione.”
Nel quadro Porzia che si ferisce alla coscia è ritratta Porzia, moglie di Bruto, l’assassino di Giulio Cesare. La scena è ispirata alle letture di Plutarco, però l’artista non ritrae il personaggio come al solito, nell’atto del suicidio, ma solo nel momento in cui si ferisce alla coscia, dimostrando coraggio e fermezza.
Iniziò a registrare le sue opere in Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, pubblicate poi da Malvasia nella Felsina Pittrice. Da questo registro oggi sappiamo che il suo lavoro coinvolse ogni rango della società bolognese: ambienti mercantili, commerciali, professionali e intellettuali, fino alle élite aristocratiche, ecclesiastiche e politiche. La lista include 195 dipinti, oltre a disegni, acquerelli e incisioni.
Un francobollo della «United States Postal Service» dell’ottobre 1994, raffigurante una Madonna con il bambino, di Elisabetta Sirani, commemorava per la prima volta una pittura di un’artista donna. Nello stesso anno, un cratere del diametro di 28 km sul pianeta Venere è stato battezzato con il suo nome.
Il Conte Cesare Malvasia (Bologna, 18 dicembre – Bologna, 9 marzo 1693) famoso storico dell’arte che nel libro sulla Vita dei pittori bolognesi descrive così Elisabetta Sirani: “(…) di Elisabetta, io non farò parole, bastando solamente accennarne il nome, sapendoli da tutti, ed il merito, ed il valore, e l’eccellenza nell’arte di cotal donna, benché solamente vissuta ventisei anni”.
Fondò l’Accademia del Disegno di sole donne, la prima scuola europea in assoluto per donne fuori da un convento, promuovendo un nuovo modello didattico che infrangeva quello tradizionale. Ha istituito di fatto la professione della donna pittrice.
In un periodo in cui le donne non potevano viaggiare liberamente per istruirsi, alla pari degli uomini; Elisabetta aveva aperto la strada a un nuovo capitolo nell’emancipazione femminile e lo ha fatto con grande stile e virtuosismo.
Nel 1663 la pittrice si incaricò di gestire la bottega-studio della famiglia Sirani come Capo-maestro, portando avanti tutte le opere del padre malato, divenne imprenditrice del suo studio e mantenendo con i compensi ricevuti apprendisti e assistenti.
Morì giovanissima a 27 anni, forse per un’ulcera o forse per un delitto, forse per gelosia delle sua bravura e della sua bellezza. Inizialmente si disse che la causa era sopraggiunta per avvelenamento dovuto a gelosie, ma gli studiosi propendono per un attacco di peritonite seguita alla rottura di un’ulcera peptica.
Un’altra particolarità di Elisabetta Sirani è stata l’adozione e l’uso della firma, come mezzo per l’identificazione delle sue opere e come «marchio di fabbrica». Elaborò un tipo di firma molto originale, presente sui ricami delle stoffe rappresentate nelle opere, ricamata sulle passamanerie, sugli abiti, sulle sedie, sui polsini, nascoste su conchiglie, ripiani o strumenti musicali. Nella Galatea, l’ultima tela che Elisabetta eseguì per il marchese Ferdinando Cospi, uno dei suoi primi mecenati, il suo nome è cucito in oro sul bordo del cuscino dove la Nereide adolescente s’è adagiata. In un periodo storico in cui le donne erano economicamente «invisibili» e non avevano diritto di firma sui documenti, Elisabetta volle sottolineare la validità del suo talento, in una professione ufficiale, riservata fino allora solo agli uomini.
Elisabetta grande pittrice, impreditrice, maestra d’arte, fino a fondare una scuola tutta femminile, fu un’anticipatrice della emancipazione della donna, lo fece a Bologna città liberale, pagò con la salute questi gesti. Alle sue esequie partecipò tutta la città. Ma i suoi gesti non furono dimenticati con la fine della sua vita. I complimenti che Malvasia riservò all’artista: “amabile fuor di misura”, “degna d’una fama eterna”, “prodigio nell’arte”, “gemma d’Italia”, “sole della Europa”, e quel “pittrice eroina” che potremmo prendere a base per comprendere il portato storico dell’arte di Elisabetta Sirani.
Link e foto
- Elisabetta Sirani: la prima donna che insegnò pittura alle donne (artefair.it)
- Il mito della pittrice Elisabetta Sirani. Un’artista da conoscere – Orizzonti culturali italo-romeni
- Guercino, Giovanni Francesco Barbieri detto il nell’Enciclopedia Treccani
- La Galatea di Elisabetta Sirani, la “pittrice eroina” che stupì i suoi contemporanei (finestresullarte.info)