Biennale di Arte di Venezia 2019. Quale presente?/Biennale di Architettura 2020. Quale futuro?
La 58° Esposizione Internazionale d’Arte, intitolata”May You Live In Interesting Times”, si terrà dall’11 maggio al 24 novembre 2019 (pre-apertura 8, 9, 10 maggio). Il titolo evoca periodi di incertezza, crisi e disordini; “tempi interessanti” appunto, come quelli che stiamo vivendo.
Il presidente Paolo Baratta: “Sono trascorsi 20 anni dalla prima Biennale che io ho vissuto da presidente, e vi posso assicurare che sono stati tutti “Interesting Times“.
La Biennale Arte di Venezia avrà 79 artisti presenti nella mostra internazionale, dal ventinovenne lituano Augustas Serapinas, al settantanovenne americano Jimmie Durham.
Novanta le partecipazioni nazionali, 23 gli eventi collaterali con due presenze italiane, al femminile Ludovica Carbotta e Lara Favaretto.
Ralph Rugoff (curatore della 58° Esposizione): “Volevo celebrare vari aspetti dell’arte contemporanea, non volevo avere un tema. Io non credo nel curatore che impone dei temi, per me l’idea curatoriale deve essere una provocazione, stimolare la riflessione“.
Ralph Rugoff, attuale direttore della Hayward Gallery di Londra, inizia la sua carriera come critico e saggista; tra il 1985 e il 2002 scrive numerosi articoli e diversi scritti per riviste d’arte; pubblica una raccolta di saggi, Circus Americanus (1995), dove esplora fenomeni culturali dell’occidente americano. Nello stesso periodo inizia a lavorare come curatore indipendente.
Presidente Paolo Baratta:
“interesting times” evoca l’idea di tempi sfidanti e persino minacciosi. Ma può essere anche un invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, un invito pertanto che ci appare particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura. E io credo che una mostra d’arte valga la pena di esistere, in primo luogo, se intende condurci davanti all’arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni alla sovrasemplificazione.»
«Sono trascorsi 20 anni dalla presentazione, in queste stesse stanze della mia prima Mostra – ha ricordato il Presidente – dopo l’importante riforma della Biennale del 1998.” (…) “I visitatori sono diventati il nostro principale partner, più della metà hanno meno di 26 anni. Ricordare questo risultato mi pare il modo migliore per festeggiare i vent’anni trascorsi dal 1999.»«A loro – conclude Baratta – vogliamo offrire una aperta palestra dove si possano sentire ingaggiati in incontri con le opere e gli artisti, nello scoprire direttamente “l’altro da sé” che l’opera d’arte offre. (…)
Da parte sua Ralph Rugoff ha dichiarato: «May You Live in Interesting Times includerà senza dubbio opere d’arte che riflettono sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale, fra i quali le molte minacce alle tradizioni fondanti, alle istituzioni e alle relazioni dell’ “ordine postbellico”. (…) «In modo indiretto, tuttavia, forse l’arte può offrire una guida che ci aiuti a vivere e pensare in questi ‘tempi interessanti’. (…) La Mostra si concentrerà sul lavoro di artisti che mettono in discussione le categorie di pensiero esistenti e ci aprono a una nuova lettura di oggetti e immagini, gesti e situazioni. Un’arte simile nasce dalla propensione a osservare la realtà da più punti di vista, ovvero dal tenere in considerazione nozioni apparentemente contraddittorie e incompatibili, e di destreggiarsi fra modi diversi di interpretare il mondo che ci circonda. (…)
Ludovica Carbotta: “Monowe”
atpdiary ATP: “Reale e immaginario si incontrano nella tua ricerca per dare spazio ed espressione a nuovi territori di esplorazione sociale. Mi racconti come metti in relazione questi due piani percettivi: quello concreto e tangibile del reale con quello inventivo e ipotetico dato dall’immaginazione?”
Ludovica Carbotta LC: “Il mio obiettivo era quello di proporre un’esperienza in tempo reale di un architettura immaginaria del futuro. Recentemente sto esplorando quello che definisco ‘fictional site specificity’, una forma di pratica site-specific che elabora territori immaginari o incarna luoghi reali con contesti di finzione, recuperando il ruolo dell’immaginazione come valore fondamentale per costruire la nostra conoscenza. Con l’immaginazione si può effettivamente creare un luogo di appartenenza, ma questo sarà inevitabilmente condizionato dalla realtà del linguaggio che lo costituisce come oggetto. Le due strutture installate nello spazio pubblico (rispettivamente, un pilastro ed una scala di accesso alla città per un uomo solo) accennano solamente ad un potenziale sviluppo della città verso l’alto, e si completano grazie alla parte narrativa del lavoro, in forma di audio guida. L’elemento scultoreo in questo caso presenta volutamente un’estetica incompleta mentre l’audioguida descrive le forme a venire suggerendo le potenzialità d’uso della città e quindi aumentando le possibilità di ricezione. In questo meccanismo di compenetrazione tra forme scultoree non concluse e descrizioni narrative, la partecipazione dello spettatore avviene attraverso l’immaginazione e l’interpretazione individuale.”
Lara Favaretto
flash—art Vincenzo de Bellis:”Cominciamo dalla fine. Fine come compimento, conclusione: in molti dei tuoi lavori questo sembra un tema centrale e spesso in essi s’innesca un evidente processo di accelerazione della “fine”…
Lara Favaretto:”La fine… se la conoscessi credo che non avremmo cominciato a parlare. È lontana dalla mia previsione. Realizzo un oggetto al limite di una discussione, alieno perché sottoposto a uno stress, a un’accelerazione d’invecchiamento che mi permetta di perderne il controllo.(…)”
Alessandro Melis è il curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia del 2020.
Otto punti per rilanciare l’architettura in Italia – di Alessandro Melis
28 Settembre 2016
Come diceva Lewis Mumford in “The Brown Decades”, l’architettura rappresenta ciò che è nell’animo dei popoli. (…)
- 1 – Rifondare l’Università
(…) L’unica riforma universitaria necessaria sarebbe la sua internazionalizzazione e la sua radicale trasformazione in senso anglosassone nei contenuti, nella ricerca, nei meccanismi di concorso, nella valutazione delle prestazioni. (…)
- 2 – Zero volume
(…) La trasformazione e lo spostamento dei volumi all’interno di tessuti urbani sempre più compatti e densi sono la chiave della professione in futuro - 3 – Energia + griglie urbane intelligenti
(…) Le tecnologie avanzate, come il fotovoltaico ad alta resa e le infrastrutture dotate di sensori ed attuatori in grado di comunicare alle macroscale sono strumenti indispensabili che richiedono nuove competenze. Anziché considerarle competenze ingegneristiche potremmo cominciare a rilevarne l’impatto a livello creativo e formale. (…) - 4 – Resilienza
Il rapporto tra tessuto urbano e troposfera deve essere reinterpretato in chiave di resilienza intesa come reazione positiva al cambiamento climatico. Pertanto una radicale riconfigurazione spaziale dell’ambiente costruito è necessaria per invertire la tendenza degenerativa e ad alta intensità energetica della città. L’architettura non definirà più un oggetto, unico e riconoscibile, ma una serie di paesaggi ibridi generati da specifiche variazioni della superficie urbana, anche attraverso processi autopoietici di adattamento a condizioni ambientali estreme (inondazioni, desertificazione, terremoti ecc).
“Il termine autopoiesi è stato coniato nel 1980 da Humberto Maturana a partire dalla parola greca auto, ovvero se stesso, e poiesis, ovverosia creazione. In pratica un sistema autopoietico è un sistema che ridefinisce continuamente se stesso e si sostiene e riproduce dal proprio interno.WP” - 5 – Strumenti digitali e nuovi strumenti espressivi
(…) Nuove tecniche di rappresentazione, tecnologie intelligenti e strumenti digitali avanzati diventeranno essenziali per lo sviluppo di una disciplina che si baserà essenzialmente sull’analisi di scenario futuro. (…) - 6 – Eteronomia dell’architettura
Ai fini dello sviluppo positivo, e quindi in chiave strategica, se quanto detto finora è vero, il rilancio dell’architettura dipende dalla eteronomia della disciplina intesa come capacità di sviluppare conoscenza e ricerca in ambiti fino ad oggi ignorati dagli architetti. La critica più frequente a questo approccio è che così facendo si trascura l’ambito più creativo e socialmente rilevante della progettazione. Trovo che sia un punto di vista sorprendente dato che la grande tradizione architettonica italiana si è sempre fondata sulla poligrafia. Ogni volta che ce ne siamo allontanati, come adesso, sono cominciati i problemi. Considerare certe discipline solamente come ricerche specialistiche, significa non rilevarne l’importanza in chiave strategica.
Climatologia, fluidodinamica, biologia, agronomia saranno strumenti per superare il concetto di architettura fatta di vuoti e di pieni, a prescindere dalla forma che gli si vuole attribuire. Progettare significherà anche studiare le interazioni dei gas che si espandono nell’atmosfera. Il concetto di densità variabile dei fluidi si sostituirà alle astrazioni e alla rappresentazione tradizionale di materia e spazio. - 7 – Ruolo strategico
Per il rilancio dell’architettura è indispensabile recuperarne il ruolo strategico. Pensare che l’architettura debba dare una risposta ai bisogni cristallizzati nella società attuale, significa rinunciare al suo ruolo propulsivo. - 8 – Rifondare la terminologia in architettura
L’ottavo punto è una sintesi degli altri. Se prima era di moda la sostenibilità, adesso fa molto chic essere ostili all’ambientalismo, a termini come smart ed ecocompatibile. In genere la critica presuppone, evidentemente ignorando il contesto in cui certe parole sono state coniate, che vi sia una disattenzione per il fattore umano. Chiamatela architettura “del cosa vi pare”, basta che, a parità di comfort e di risposta ai bisogni primari e secondari dell’uomo, questa architettura sia in grado di generare più energia di quanto ne consumi, si possa interfacciare con le infrastrutture del sistema urbano in modo da minimizzare gli sprechi (spazio, energia, acqua, cibo), che il suo ciclo di vita sia il più lungo e virtuoso possibile, che possa contribuire all’aumento della produzione del cibo e sia capace di adattarsi a condizioni climatiche sempre più estreme.
I numeri sono importanti: circa il 60% delle emissioni di CO2 dipendono dal modo in cui gli architetti hanno pensato l’architettura delle città negli ultimi 100 anni.
Le conseguenze di questa progettazione costituiscono oggi la principale sfida alla sopravvivenza stessa della razza umana. Come possiamo dunque pretendere che chi si è reso artefice di questa condizione possa insegnare alle nuove generazioni come fare architettura? Per questa ragione credo che sia fondamentale che le generazioni future mettano in discussione qualsiasi cosa venga loro insegnata. Le visioni sono più importanti della pratica professionale consolidata che ha invece contribuito a rendere l’architettura la principale sfida alla sopravvivenza umana. Alessandro Melis.
Biennale di Architettura di Venezia del 2020
“Se Mario Cucinella nella passata edizione della Mostra Internazionale di Architettura ha utilizzato lo spazio Padiglione allestito alle Tese delle Vergini per dimostrare al pubblico cosa possa fare l’architettura per rilanciare le aree interne del Paese e invertirne la tendenza allo spopolamento, Melis punterà sui temi delle comunità resilienti e del cambiamento climatico. Ed erano proprio questi gli argomenti oggetto della conferenza tenutasi in occasione della chiusura del Padiglione Italia lo scorso anno, durante la quale si metteva l’accento sull’urgenza di considerare il tema del cambiamento climatico, inesorabilmente in atto, nei progetti urbani e di architettura.”
‘Il progetto Comunità Resilienti di Alessandro Melis – ha detto Bonisoli – affronta temi di grande urgenza come il cambiamento climatico e la resilienza delle comunità. Si tratta di un percorso di mostra molto divulgativo e coinvolgente, il Padiglione Italia sarà un’occasione per riflettere su come rispondere positivamente in futuro alla pressione sociale ed ambientale attualmente in atto.”