Tre autori “raccontano” la casa australiana: la pittrice Eliza Gosse racconta le case australiane nelle periferie del dopoguerra; Glenn Murcutt ha progettato centinaia di meravigliose case negli spazi infiniti australiani; Paul Jones progetta capolavori, tra stupendi paesaggi, in una Australia mitica.
Eliza Gosse
Eliza Gosse, giovane pittrice australiana (classe ’95 – Università di Sydney e Bachelor of Fine Art alla National Art School – 2017), con suoi dipinti racconta l’architettura della periferia australiana (e U.S.A.), nel periodo degli anni ’50, ’60 e ’70, in Stile Internazionale.
“Guardando indietro e dipingendo queste case nei due paesi, voglio annullare lo stereotipo suburbano impersonale e poco lusinghiero di oggi e riportare la nostra mente a una generazione di giovani architetti e migranti europei che hanno respirato uno spirito di invenzione nei sobborghi”.
In particolare l’architetto Robin Boyd pubblicò The Small Homes Service (SHS) nel 1947, i disegni per le piccole case, settimanalmente sul quotidiano The Age, cercando di rendere popolare la casa moderna e renderla accessibile al grande pubblico.
Recentemente, la pittura di Eliza Gosse, Budgie Smuggler (2017) è stata selezionata come finalista nel Mosman Art Prize 2017 (Sydney), e Pink House(2017) e ha vinto il People’s Choice nel Waverly Art Prize. I suoi quadri sono ben riconoscibili con colori piatti, un po’ sbiaditi, e forme geometriche pulite, che rimandano ad ideali architettonici utopici, con una leggera inflessione nostalgica.
Glenn Murcutt
Glenn Murcutt (Londra, 25 luglio 1936 ) è un architetto australiano del funzionalismo ecologico. Ha ricevuto il Premio Pritzker nel 2002, dopo aver vinto venticinque premi per l’architettura, tra cui: la “Alvar Aalto Medal”, il “Richard Neutra Award”, il “Green Pin’ “ (premio per l’architettura ecologica). Glenn Murcutt lavora pressoché da solo ed esclusivamente in Australia, restando lontano dalla ribalta internazionale per lungo tempo: circa 500 case, utilizzando materiali”semplici” (metallo, legno, vetro, laterizio) e pochissimi edifici pubblici,
Simone Corda intervista Glenn Murcutt (2002):
Simone Corda: Molti dei suoi progetti sono residenze e ha dichiarato di non essere interessato alla progettazione di grandi edifici poiché si rischia di perdere il controllo di molti aspetti dell’architettura. È questa l’unica ragione o vi è anche un aspetto culturale nell’occuparsi di abitazioni?
Glenn Murcutt: Tutto ciò che facciamo può dirsi architettura, sia che si stia progettando un tavolo o un edificio a più piani…
S.C.: La sua produzione sembra essere costituita da leggere variazioni su temi ricorrenti, i progetti precedenti sembrano la base per quelli successivi, cosa abbastanza comune nella carriera di un architetto, qual è secondo lei la causa di questo approccio?
G.M.: Quando ho intervistato Josè Coderch a Barcellona nel 1973 ho pensato che i suoi progetti fossero stupendi, è una persona che ammiro e glielo dissi in quell’occasione, lui mi rispose: “non ho fatto nulla, ho soltanto aggiunto un nuovo sottile strato a quanto era già stato fatto centinaia di anni fa”. Mi ricordo di aver pensato a quanto fosse meraviglioso aggiungere semplicemente un nuovo strato su strati esistenti, ma ora anche il mio è un lavoro di sovrapposizione di strati, uno sopra l’altro, uno sopra l’altro e così via. (…)
Già nei suoi primi progetti, basati su una “semplicità complessa” l’orientamento dell’edificio e la ricerca di sistemi passivi di controllo ambientale rappresentano un punto cardine del processo progettuale. Le case di Murcutt proteggono e accolgono ma, allo stesso tempo, si proiettano e si relazionano con il paesaggio circostante, attraverso molteplici espedienti architettonici, utili tanto a proteggerle quanto a comprendere e rispettare il paesaggio che le circonda.
S.C.: Quali sono le possibilità ma anche i problemi del tornare a lavorare su un edificio pre-esistente?
G.M.: Prendiamo le case a Mount Irvine, la Nicholas e la Carruthers House; in entrambe c’è stata una ristrutturazione: in un caso l’allargamento della struttura esistente, nell’altro l’aggiunta di un’ala o di altre due; dato uno specifico edificio, potrei aggiungere una veranda davanti, un ambiente che permetta alla luce di entrare durante i mesi invernali, ma che funga da schermo in estate. (…)
Murcutt House (già Marie Short House), a Kempsey, è un altro significativo esempio di come un modulo costruttivo, basato su tecnologie semplici, possa essere ampliato nel tempo, per il mutare delle esigenze. “Ho sbullonato ciò che si trovava imbullonato – ha spiegato Murcutt – in corrispondenza del nuovo soggiorno e, facendo rotolare il tutto su cilindri, l’ho spostato in una nuova posizione. Ho quindi imbullonato di nuovo, ho preso il frontone, l’ho smontato e rimontato; il tutto è stato possibile perché il legno era adatto sia per l’esterno sia per l’interno. Sono molto coscienzioso quando si tratta di materiali: voglio che non vada perso nulla, quando si procede ad una modifica cerco di riutilizzare tutto”.
S.C.: Crede davvero che l’architettura abbia il potere di cambiare il mondo?
G.M.: No, solo la gente può farlo. L’architettura è la conseguenza di scelte operate da persone. Mies van der Rohe era solito dire che dietro ad ogni bell’edificio c’era un buon committente, quindi il mondo può cambiare solo attraverso i committenti giusti. Non sono gli edifici a cambiare le persone, i bravi clienti invece possono far in modo che venga realizzata una buona costruzione. (…).
L’architetto australiano Glenn Murcutt è stato incaricato di progettare l’ MPavilion di quest’anno, una commissione annuale a Melbourne, che segue il modello del Serpentine Pavilion di Londra; diventerà il sesto designer del padiglione temporaneo, che viene installato ogni estate nei Queen Victoria Gardens.
Paul Jones
Eagle Bay Residence si erge in cima alla duna, proprio sulla spiaggia di Eagle Baia, nella parte occidentale dell’Australia, in stile loft contemporaneo; è stata progettata dal famoso architetto Paul Jones. Gli interni sono stati progettati da Nina Dempster di Ozbyrd Design.
Eagle Bay Residence ha vinto il Premio della Casa del Buon Anno del Master Builders Association del Sud Ovest e altri premi per l’eccellenza nella costruzione.
L’immobile, sobrio, completo di ogni comodità, mantiene un’atmosfera rilassata e informale; le sue peculiarità sono:
- l’uso di legnami naturali (le tavole di legno riciclato di sego; i soffitti e le pareti rivestiti di cedro bianco; gli armadi in cedro massiccio; l’esterno rivestito verticalmente in teak pacifico);
- le porte scorrevoli con doppi vetri si aprono su un enorme balcone all’aperto che continua il motivo in teak;
- il calcestruzzo levigato nella parete caratteristica della scala;
- le grandi vetrate presenti in ogni stanza e in ogni angolo della villa;
- la veranda che si trova al di là della cucina, arredata con poltrone e tavolino in vimini;
- la terrazza panoramica alla quale si accede dalla zona giorno ( con un’attrezzatissima cucina d’estate con tanto di tavolo da picnic, l’ideale per i pranzi e le cene all’aperto).