Roma: Anfiteatro Castrense (il secondo anfiteatro). Oggi un giardino dell’Architetto paesaggista Paolo Pejrone, con opera di Jannis Kounellis.
A prescindere dalla funzione, la differenza esteriore tra un anfiteatro e un teatro romano è che l’anfiteatro è di forma ellittica mentre il teatro è semicircolare e dotato di una scena sul lato rettilineo. Il nome “anfiteatro” non significa però “doppio teatro”, come solitamente ritenuto, quanto piuttosto “spazio destinato agli spettatori che corre attorno all’arena”.
L’anfiteatro è diverso anche dal circo romano che ha una forma molto più allungata (di solito supera i 555 m) con il lato breve, corrispondente ai ‘carceres’, rettilineo, e che era usato per corse di cavalli aggiogati a carri.
La lista di anfiteatri romani comprende non meno di 230 edifici antichi che sono stati trovati nelle più diverse aree dell’Impero romano. Di cui in Italia 110.
Il primo anfiteatro permanente fu quello di Pompei, costruito nel 70 a.C., dai duoviri della colonia. Il primo anfiteatro permanente in Roma fu l’anfiteatro di Statilio Tauro, eretto nel 29 a.C.
L’anfiteatro più famoso al mondo è l‘anfiteatro Flavio, detto Colosseo, costruito dalla dinastia dei Flavi. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 71/72 d.C. ed inaugurato da Tito nell’80, con ulteriori modifiche apportate durante l’impero di Domiziano nel 90. Le dimensioni raggiunte da queste fabbriche erano impressionanti: il Colosseo arriva a misurare nei due diametri esterni 188 x 156 m, con un’arena di 86 x 54 m.
L’anfiteatro è legato ai giochi gladiatori e alle venationes, ovvero spettacoli che comprendono animali, sia in forma di caccia più o meno ritualizzata, sia in forma di combattimento in cui uomini o animali vengono variamente penalizzati.
La parola Anfiteatro Castrense deriva dal latino amphitheatrum castrense, dove con “castrum” ci si riferiva, molto probabilmente, alle residenze imperiali, come citato nei cataloghi regionari del V Regio.
L’Anfiteatro che si trova tra la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e le Mura Aureliane, faceva parte del Palazzo Sessoriano, antica villa imperiale di età severiana, che include la Basilica, l’Anfiteatro, le Terme Eleniane e il Circo Variano.
L’Anfiteatro Castrense è il secondo anfiteatro romano; appartenente agli inizi del III secolo d.c. fu costruito, insieme al resto del complesso residenziale imperiale, dall’imperatore Eliogabalo. Venne utilizzato per spettacoli e manovre militari in onore della corte imperiale e rimase in uso fino alla costruzione delle Mura Aureliane.
L’ Anfiteatro Castrense aveva una forma ellittica (metri 88 x 75,80), costruito in opera laterizia con pochi elementi in travertino, fu composto in origine da due ordini di arcate con pilastri e un terzo in muro pieno. Il primo ordine è costituito da arcate con semi-colonne corinzie con il capitello in mattoni, il secondo, invece, aveva accanto le arcate delle paraste e in fine nel terzo ordine, di cui si hanno solo dei disegni rinascimentali, vi erano delle finestre e delle mensole in cui venivano appoggiate le travi a sostegno del velario.
Dall’Anfiteatro partiva un corridoio coperto che rasentava la grande sala, quella che oggi è la Chiesa di Santa Croce, e arrivava fino al Circo Variano. Del corridoio, che era più lungo di 300 metri e largo 14,50, se ne vedono i resti, insieme a quelli del circo, nel retro della chiesa visibili in vari punti. All’interno, ora occupati dagli orti del convento di Santa Croce, vi erano i gradini della cavea, sorretti da ambulacri con volte a botte e sovrapposti come i piani esterni. Ambienti sotterranei erano presenti sotto l’arena, rivelati da scavi in epoche passate.
Nel costruire le Mura Aureliane, l’Anfiteatro, fu incluso nel percorso della cinta muraria per favorirne la rapida costruzione. Mentre la parte interna venne inclusa nelle mura, in quella esterna furono murate le arcate inferiori. Venne fortificato il piano superiore con delle merlature e per far si che la struttura diventasse più alta, furono scoperte parte delle fondamenta, realizzate in cementizio con cementa in selce. Rimase ben conservato con i tre piani fino alla metà del XVI secolo, in cui per esigenze difensive si dovette mantenere solo il primo piano e una sola arcata del secondo piano, visibile in via Nola. Della cavea non è rimasto quasi niente. Nel Settecento i suoi resti furono usati per costruire nuove strutture. Su viale Castrense si possono vedere tre quarti dei resti del muro esterno.
Nell’area dell’anfiteatro Castrense, da secoli pertinenza della basilica e del suo convento, è stato ricreato nel 2004 l’orto-giardino del monastero cistercense, su progetto dell’architetto Paolo Pejrone e per iniziativa dell’Associazione Amici di Santa Croce in Gerusalemme.
Lo spazio ellittico è suddiviso da due vialetti pergolati perpendicolari che si incontrano in corrispondenza di una fontana centrale. Le aiuole accuratamente coltivate ospitano erbe, alberi da frutta e varie specie di fiori la cui disposizione, oltre che risultare esteticamente gradevole, nasconde significati simbolici.
Architetto paesaggista Paolo Pejrone, toccando un tasto tanto dolente quanto attuale nel nostro Paese: «Penso che ci sia una relazione importante tra il “fare giardini” e la tutela del paesaggio. La creazione del paesaggio miniaturizzato del giardino può persino aiutare a capire i problemi del macropaesaggio».
Carola Lodari, da Il Giornale dell’Arte numero 308, aprile 2011, Paolo Pejrone, com’è avvenuta la sua formazione professionale che lo ha fatto diventare oggi uno dei più importanti designer di giardini in Italia e non solo?
Sono stato allievo di Russell Page (nato nel 1906 e morto nel 1985, è stato uno dei più grandi architetti paesaggisti inglesi del ’900, Ndr) e ho frequentato lo studio di Roberto Burle Marx a Rio de Janeiro. L’insegnamento principale che ne ho tratto è stato imparare a prendere le decisioni, ma soprattutto a guardare, un requisito indispensabile per la progettazione dei giardini. Le discussioni e i confronti avuti con questi maestri mi hanno aperto la mente, mi hanno dato una certa sicurezza di pensiero e al tempo stesso mi hanno insegnato a dubitare. Insieme a loro ho visitato, e ho imparato a valutare, moltissimi giardini sia in Inghilterra sia in Brasile, a capire le ragioni di ciascun giardino. Penso che la conoscenza di tanti altri giardini sia fondamentale per la progettazione.
Il suo è un wild garden?
Io preferisco definirlo shabby-chic, un luogo disordinato, naturale ma pieno di vita, dove anche le infestanti possono essere presenti, seppure sotto controllo; le piante ornamentali sono libere di crescere lussureggianti e vengono solo guidate con piccoli interventi. C’è anche la piccola fauna che anzi cerco di proteggere perché è utile. Coltivo dei bambù per permettere ai passeri di farci il nido, metto dell’acqua per invitare i rospi. Ci possono stare anche le collezioni di piante ma non a scapito di un’atmosfera di spontaneità. Non voglio che abbia la rigidità di un museo, non voglio che sia un giardino spic&span. Metto in pratica il principio del km 0, cioè il movimento dei materiali dentro il giardino è minimo, ad esempio l’erba di sfalcio del prato e le foglie vanno subito a finire sulle radici di qualche albero. Non ho un impianto di irrigazione; bagno solo nei primi due anni dopo l’impianto, poi basta la pioggia. Crescono più lentamente ma ciò riduce anche il lavoro di potatura. Non uso pesticidi contro le malattie, solo il verderame.
Jannis Kounellis (in greco: Γιάννης Κουνέλλης; Pireo, 23 marzo 1936 – Roma, 16 febbraio 2017) è stato un pittore e scultore greco naturalizzato italiano, esponente di primo piano di quella che il critico Germano Celant ha definito “arte povera”. Sempre nel 2007 inaugura a Roma la Porta dell’Orto Monastico della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, una imponente cancellata di ferro impreziosita da elementi cromatici realizzati in pietre di vetro
La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme si trova a Roma, nel Rione Esquilino, a ridosso delle Mura Aureliane e dell’Anfiteatro Castrense, tra la Basilica di San Giovanni in Laterano e Porta Maggiore.
Santa Croce fa parte del percorso di visita delle Sette Chiese che i pellegrini anticamente visitavano a piedi.
All’epoca dell’imperatore Augusto la zona dell’Esquilino era periferica e a carattere residenziale; fu scelta dagli imperatori Severi, nel III sec. d.C. per costruire la residenza imperiale che comprendeva un palazzo, il Circo Variano e l’Anfiteatro Castrense, poi incluso nelle Mura Aureliane costruite tra il 271 e il 275 d.C.
Per volontà dell‘imperatore Costantino il palazzo venne ristrutturato e gli fu attribuito il nome di “Sessorium”; nel 324, quando Costantino trasferì la capitale dell’impero a Costantinopoli, la residenza restò proprietà di sua madre Elena e subì molte modifiche fra cui la più importante fu la trasformazione di una parte del complesso residenziale in una cappella atta a contenere le reliquie della Croce, rinvenute dalla sovrana sul Monte Calvario. Tale cappella divenne poi il nucleo dell’attuale basilica di S. Croce, per questo chiamata in origine “Basilica Eleniana” o “Sessoriana”.
Numerosi sono stati i lavori di restauro e le modifiche nel corso dei secoli: fra di essi si devono ricordare quelli effettuati dal Cardinal Mendoza ( 1478-1495) a cui è legato anche il ritrovamento, in una cassetta murata nell’arco absidale della chiesa, del Titulus Crucis. La tavoletta lignea inscritta ( un tempo posta sulla Croce di Gesù Cristo) è ancora visibile all’interno della Basilica.
L’aspetto attuale risale al Settecento. Gli architetti Pietro Passalacqua e Domenico Gregorini, su commissione di papa Benedetto XIV, cardinale titolare di Santa Croce, modificarono l’interno e l’esterno della Basilica, costruendo un atrio ellittico e sostituendo la facciata medievale con una moderna in travertino. Nella nuova facciata si alternano, con un sapiente effetto scenografico, volumi concavi e convessi secondo lo stile barocco.